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lunedì 24 febbraio 2020

La Voce

Ho l'impressione, talvolta, che in certe giornate di sole o nelle corrispondenti notti lunari, la densità dei miei pensieri assuma persino una solidità materiale. In quei momenti vorrei stringere quella materia tra le mani per scolpire figure, accarezzarle e plasmarle per modellarne la forma sino a definire e cogliere quel pensiero che l'ha generata. Ma poi, troppo spesso, il silenzio mi assale e ad esso mi arrendo.
Così prendo sottobraccio i ricordi che corrono lungo una vecchia strada ferrata, mi adagio sulla stessa vecchia panchina, gli occhi al cielo, ad osservare le nuvole stendersi al soffio del vento come le membra di un gatto che si stirano al loro risveglio. Rimango a godermi il calore di un'estate dell'anima che sento vicina molto più di quanto la trivialità del calendario evidenzi e, mentre perdo lentamente coscienza, cullato dal nulla in cui scivolo, una voce, la tua voce, mi prende, mi solleva e mi restituisce alla vita. 
Non stavo dormendo, morendo o partendo anche allora? Ero soltanto io, veramente?
Le cose più belle risplendono inattese in uno spazio di meraviglia che ci accompagna fuori dal tempo. I miei occhi stanchi o la mia pelle invecchiata non riconoscono la truffa del tempo. Io resto sempre nella biblioteca del parco e nella notte più bella che un maggio ricordi. Io resto quel cane che abbaia forte alla Luna per tenerla sveglia al suo fianco e che, certamente, di quella Luna ha potuto contemplare il riposo. 
Dorme, ancora e sempre con me, quella Luna.