I Temi

Le Pagine

lunedì 30 giugno 2014

L'atelier delle emozioni scritte

L'idea è dentro di me. La sento. Non so dove si nasconda ma è presente. Alle volte la percepisco con una consistenza quasi materiale, ma per tanto tempo rimane dentro, si sedimenta attorno alle mie emozioni, si avvinghia alle cose che conosco e alle sensazioni che provoca alla mia sensibilità. 
Non decido io quando l'idea sia pronta per tradursi in qualcosa di diverso, viene fuori da sé. La porta d'ingresso la aprono gli occhi: lo sguardo coglie un elemento che apre un corridoio lunghissimo da cui l'idea finalmente esce.
La parola è per me una tavolozza e la pagina bianca la tela.
Nei luoghi più disparati, dal letto alla seduta di un treno, dal tavolino di un bar alla panchina di un parco, ovunque mi sia possibile scrivere, nelle più diverse condizioni di luce, in piena notte come a mezzogiorno, lì apre il mio atelier della parola e delle emozioni.
Il messaggio è nell'idea, le parole che debbono dipingerlo vorrei che potessero regalare sempre e comunque un'emozione o, quanto meno, condurre chi legge al centro dell'idea in modo non banale.
Le parole sono beni preziosi che bisogna conoscere e saper maneggiare. Per conoscerle bisogna leggere tanto, per saperle maneggiare occorre altrettanto lavoro intenso, sperimentazione, rielaborazione, analisi critica e poca auto-indulgenza . Gli accostamenti tra le parole e l'emozione che provocano i concetti così espressi, costituiscono il nucleo del piacere di scrivere. Di ogni termine valuto i possibili diversi significati e a ciascuno di essi associo possibili termini correlati o aggettivi attribuibili, quindi parte il gioco degli accostamenti, sino a quando non esce il periodo che risponde ai tre requisiti che reputo imprescindibili: il senso, la musicalità e l'emozione, che deve emergere dalle parole sul foglio come le figure di un bassorilievo dalla lastra di marmo. La tela è dipinta. L'idea è divenuta emozione. 



domenica 29 giugno 2014

Le notti bianche

Ho visto notti che sembravano non finire mai, eterne nel loro susseguirsi di silenzi ed attese per qualcosa che doveva arrivare o semplicemente di un'alba che non arrivava mai. I sensi, in quelle notti, amplificavano ogni percezione ed ingigantivano i mostri che venivano regolarmente a far visita. Ogni piccola paura era pronta a schiacciarmi, ogni spazio vuoto diveniva un precipizio in cui scivolare. 
Le notti bianche trascorse erano cariche di angoscia per una vita che come un aereo in fase di decollo vedeva sempre più vicina la fine della pista e non riusciva ad avere la spinta verso l'alto per raggiungere il cielo. La nostra ê una vita che per essere vissuta in pieno necessita di relazioni umane e di consapevolezza di sé. 
Il cielo, in realtà, è sempre stato lì ad un passo da terra, ma per coglierlo non sarebbe bastata tutta la forza di cui disponevo. Serviva una mano tesa ed una luce che mi rendesse chiara la strada. Una luce che trasformasse le notti bianche in un tempo per vivere, amare, crescere e compiersi nel pieno sviluppo delle proprie aspirazioni e con la piena coscienza dei propri limiti. 
Voglio per le mie notti bianche un finale diverso, lontanissimo dalle memorie di un sognatore, mi perdoni Fëdor Dostoevskij.




martedì 24 giugno 2014

Ponte Vecchio

La mia scoperta del mondo, lontano dall'orizzonte di casa, cominciò proprio a Firenze quando avevo pochi anni. I miei genitori amavano molto questa città e fu naturale per noi visitarla più e più volte.
Venne poi la mia età scolastica e adolescenziale in cui ripassavo volentieri a "sciacquare i panni in Arno" prima di scrivere qualunque cosa. Vasco Pratolini accompagnava le mie giornate di lettura.
Ieri sera, da questo tramonto sull'Arno incastonato tra le arcate di Ponte Veccchio, ho colto una volta di più la piena circolarità della vita. La notte segue sempre il giorno. Ma un nuovo giorno verrà.











venerdì 20 giugno 2014

Labyrinth

Ho conosciuto questi giardini prima ancora di nascere. Erano dentro di me da sempre, eppure le loro mappe restano per me ancora oggi segrete. Queste alte siepi delimitano il sentiero che definisce il percorso dei miei passi e disegnano il labirinto che un giardiniere arcano ha disegnato. Solo dall'alto si vede il disegno. Ma io sono giù, con i piedi per terra. Dall'altezza dei miei occhi non si coglie nient'altro che il verde delle foglie. Su di me il calore della luce del sole o l'umidità della pioggia. Non conosco nulla di ciò che mi circonda, oltre la siepe. Posso solo camminare verso la radura del pozzo, dove ti troverò ad aspettarmi. Mi sdraierò. Sentirò il profumo dell'erba e diverrò un fiore. Con l'aiuto dei tuoi petali disegneremo una trama e diventeremo la mappa di un nuovo giardino, dove i bambini correranno per gioco e che gli innamorati useranno come quinta delle loro emozioni. Sdraiamoci qui, dunque. Adesso. E cominciamo a tracciare il disegno.



giovedì 12 giugno 2014

L'ossessione del ricordo.

Tutto parte da una sensazione che colgo nell'aria. Nel mio pellegrinaggio quotidiano al tempio del pensiero, percepisco sfumature comportamentali che sono segni tangibili di uno stato quantomeno confusionale da parte di molti.
Incontro persone che vivono esclusivamente nei binari del proprio passato, probabilmente di un loro felice passato e che non riescono a rapportarsi col presente senza considerarlo una replica del loro vissuto anziché una risultante dello stesso. Altre invece vivono senza passato, in un live show che è la loro esistenza basata esclusivamente sul presente.
Oggi viviamo in una civiltà governata dall'ossessione della rete, dove la vita di tutti è trasmessa in diretta sulla rete, dove in tanti trovano normale pubblicare il proprio diario intimo mano a mano che lo scrivono sempre sulla famigerata rete (una forma di espulsione da sè dei ricordi, per non conservarne il peso, sacrificandone il valore). 
In questa civiltà dell'aggiornamento in tempo reale di sè stessi, in quanti capiscono che tutto ciò che si esterna in modo così superficiale è in realtà è solo un'immagine, ma non l'essenza autentica, che rimane sempre inesorabilmente dentro ed inespressa?
L'ossessione del ricordo, invece, ti fa vivere in uno stato di nostalgia permanente e non ti permette di aprire la mente al futuro per costruire qualcosa.
Possibile che non si possa vivere con i propri ricordi in modo costruttivo, semplicemente come se fossero le pagine già lette di un libro, ciascuna con la proprià connotazione? Perché finisce tutto sotto una lente deformante? Chiaro che a tutti piace tornare indietro di qualche pagina per rivedere se l'emozione di un attimo ha sempre lo stesso sapore o, al contrario, strappare le pagine più dolorose. La bellezza del vivere sta nello scoprire che questo libro deve stare con noi sempre, ma aperto sulla prima pagina bianca, quella bianca ancora da scrivere. E in quella pagina bianca deve sempre esserci un mattone nuovo della nostra costruzione in divenire.



lunedì 9 giugno 2014

Contro il Caos.

Certi giorni scivolano in gola come gocce di caffè amaro e bollente. Certi ti lasciano quel gusto per lungo tempo. In questi ultimi mesi sto vivendo un ribaltamento di ciò che ero solito sentire. I weekend pesano come macigni sulla mia testa, mentre i lunedì spesso arrivano a restituire ossigeno. Per fortuna domani è lunedì e potrò ricollocare la chiesa al centro del villaggio e spazzare via l'amaro dell'ultimo caffè con la freschezza di un sorso d'acqua fresca.
Vivo giorni intensi e difficili, ma stupendi. Grazie alla luce che ho dentro, infatti, tutto è affrontabile, sopportabile e addirittura apparentemente sensato. Non riesco a fermarmi e guardarmi. Tutto è movimento. Tutto è futuro. Tutto è luce, sole, calore, estate, emozione. 
In questo stato di iperconsapevolezza non posso permettere al Caos di sfiorare ciò che sono e a cuì tengo. Che la luce splenda nel mio cielo oscurando il Caos



sabato 7 giugno 2014

La sola risposta.

Un'altra notte insonne. Un'altra serie di domande e nessuna voce per gridare la risposta. La sola risposta possibile, quella chiusa nel cuore. Amo la vita, il bene, il bello sopra ogni altra cosa. Quando però il respiro si fà corto e la luce si abbassa, le cattedrali dell'anima celebrano i loro riti. Avendo il paradiso dentro, non posso permettere alla paura di bussare alle porte. Silenzio sul Caos. La mia luce mi guiderà anche attraverso questa notte. Ed il prossimo giorno sul calendario sarà sempre il primo. 




giovedì 5 giugno 2014

I Demoni - La scrittura.

Alla fine del giorno, quando le scorie del mio vivere quotidiano si sono depositate negli anfratti delle ore trascorse, si svegliano i demoni.
Il mio primo demone mi aspetta lì, sulla soglia della stanchezza per incontrare quella parte di me che non risponde alle leggi della razionalità, ma che trascende. Risponde alla chiamata dell'anima che domanda se si sia esaurita così la mia lunga giornata, costellata di cento cose e di molto più numerosi pensieri. Come se mancasse qualcosa, come se ci fosse una stanza ancora in cui gettare lo sguardo prima di regalarsi il riposo.
Il mio primo demone è quello della scrittura e con sé porta una valigia carica di parole dalle quali può far nascere un pensiero, anche solo un'immagine o l'embrione di una storia. Questo demone mi abita da sempre, ma si risveglia solo quando la mia anima è pronta a creare, dopo lunghi periodi silenti.
Le parole sono come l'argilla, però già carica dei colori che si desidera usare. La scrittura è costruzione, immaginazione e suono. È la più straordinaria possibilità di trasformare un concetto in emozione. L'emozione dello scrivere si riverbera nel rileggere ciò che abbiamo prodotto e nell'osservare, in questo, la nostra anima uscire da noi, prendere forma e regalarsi alla vita degli altri.



mercoledì 4 giugno 2014

Come ombre cinesi

C'è uno spazio di questo strano museo, che si può visitare solo volando. Ben sopra alle teste di qualunque umano che volesse restare con i piedi per terra, si può volteggiare come se al posto delle braccia si avessero ali agilissime. Dall'alto, come ombre cinesi proiettate su un muro, si vedono i sogni di una persona alla ricerca di sé, curiosa, carica di aspettative e affamata di possibilità.
"Che ne farò della mia vita?" si chiede il giovane osservando le tante ombre sul muro, incerto tra le infinite possibilità che il mondo gli prospetta. Sente che sarà il suo lato creativo e un po' folle, legato all'arte e alla conoscenza, a guidarlo nella direzione giusta. Eppure, quando cammina con i piedi ben saldi a terra, il selciato delle strade che percorre non prevede nulla di particolarmente fantasioso. Solo certezze da toccare con mano. La distanza tra l'uomo che cammina e la sua ombra proiettata sul muro definisce il senso di realizzazione di questa persona. Come raggiungere l'ombra? Come vivere i sogni?
Con i piedi per terra i sogni restano troppo in alto. Bisogna saper volare e, dunque, sognare.
I sogni si affollano nella mente di chi crea. E per creare qualcosa bisogna farlo nel bello, come diceva Diotima a Socrate. Bisogna creare nel senso di completezza di sé, che deriva solo da una tensione che è passione. Amore in senso ampio. Nell'incompletezza si è tristi, seri, insoddisfatti. In amore così come nella creazione si è prossimi al bello, al bene e alla propria parte mancante. Tutto ciò va oltre ogni concetto morale. Ma ci sarebbe tanto da riscrivere, nel libro di ciò che è socialmente considerato giusto.
Amore è la figura che genera le ombre cinesi, tra la luce ed il muro. La sostanza dei sogni.


domenica 1 giugno 2014

La stanza segreta

La stanza di partenza è vuota, tutto è racchiuso in una piccola valigia che contiene il microcosmo in cui mi riconosco e al quale chiedo sicurezza. Dove sarò domani? Cosa vedranno i miei occhi? L'innata, inappagabile ed irrequieta curiosità della mia anima è assetata di orizzonti inediti da leggere con lo sguardo, di profumi di cui distillare il ricordo, di raggi di sole che taglino le nubi per accarezzarmi la pelle.
Il viaggio serve per colmare un vuoto, una distanza fisica o spirituale da qualcosa che ci appartiene e che si trova altrove e che vogliamo raggiungere, spesso senza nemmeno conoscerne l'ubicazione o le fattezze. Questo vuoto che la nostra vita ci manifesta, rimane rinchiuso in una nostra stanza segreta assieme a tutte le cose che fanno di noi delle persone incomplete.
La chiave di quella stanza è in nostro possesso, ma quasi mai riusciamo ad utilizzarla. Più spesso sono  altri ad accedervi, a spalancare quella porta e colmare quel vuoto. Ma ciò può accadere davvero poche volte nella vita. Pochi, pochissimi viaggi raggiungeranno la destinazione ricercata. La maggior parte delle volte ci si troverà semplicemente altrove. 
La stanza di arrivo, quando la destinazione è quella ricercata, non ha bisogno di bagagli. Tutto è già li che ti aspetta, da sempre. 
Occorre solo esserci.


Qui riprodotta: veduta su tela di Massimo De Carolis - 1993.