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mercoledì 30 dicembre 2015

Sipario

La nostra vita è il succedersi di una moltitudine di stanze in cui avviene ciò che noi siamo. Condividiamo questo patchwork di luoghi con tutti coloro che vi hanno fatto comparsa, ne sono stati protagonisti o anche solo attori comprimari. 
Questo strano museo che chiamiamo "esperienza" in realtà non è una rappresentazione di ciò che siamo, ma costituisce effettivamente la nostra essenza e ne delinea il profilo nello sguardo che rivolgiamo al nostro specchio interiore. Le stanze di questo museo sono fasi lunari che si succedono in via lineare e non ciclica. Ora la mia anima notturna vive nella Luce e da lì non ritornerà indietro. Da lì il percorso conduce solo all'uscita. Un percorso che è un foglio bianco su cui giace una penna.
Così mi ricongiungo ora alla carta, alle parole, a ciò che mi appartiene di più profondo: all'Amore, alla Luce che non mi abbandona mai anche nell'esilio ovattato in cui si accetta di vivere il nostro bagliore terreno per assecondare un disegno che ci ha condotto su strade tanto belle quanto non così profondamente nostre. L'universo è infinito e non ci appartiene. Nulla ci appartiene e tutto ci attraversa. Si ritorna alla pagina scritta. Si ritorna al Romanzo. Silenzio. Sipario. Si vive.


lunedì 28 dicembre 2015

24 Sogni al Secondo

"Sognare insieme lo stesso sogno".
All'inizio de Il testamento di Orfeo, Jean Cocteau dà questa definizione dell'esperienza di chi assiste alla proiezione di un film nella sala buia di un cinema. Questa semplice considerazione mostra e sintetizza tutte le incredibili potenzialità del mezzo a disposizione di chi realizza film. Per lo spettatore è quindi un'occasione per sognare, ben consapevole che il sogno è il cuore del motore esistenziale di ciascuno, il piano su cui costruire percorsi ed obiettivi propri. Ma tutto questo è Arte. Cosa resta di questi principi alti, quando arriviamo a leggere la lista dei film nelle sale? Poco o nulla, veramente. L'arte è stata relegata dall'industria in un angolo alla stregua di una lontana parente ritenuta scema a cui non dare mai ascolto. Ma l'arte rappresenta ciò che siamo nel profondo o, per dirla con un'altra battuta cinematografica, "la sola traccia che lasciamo del nostro passaggio sulla terra". Perché dunque questa distanza? Qui entra in gioco un tema di valori che trascende la specificità dell'argomento "Arte". La ricchezza economica non è più un mezzo, ma lo scopo e questa devianza ha drogato il sistema. Se l'obiettivo è produrre e vendere, non importa cosa si produce o si vende, importano solo i numeri che si fanno. Dunque perché non condizionare i bisogni delle persone? I bisogni però ci parlano di obiettivi e dunque di sogni. E il cerchio si richiude. Più che un cerchio, sembra un vortice nel quale veniamo risucchiati senza possibilità di autonomia reale. 
Io credo però che questo vortice si possa spezzare recuperando noi stessi, la nostra umanità, che si rivela nella nostra unicità. Sognare insieme lo stesso sogno non ci renderà mai persone uguali, dagli stessi bisogni, con gli stessi obiettivi. Esattamente centoventi anni fa i fratelli Lumiere resero pubblica la loro invenzione, non avendo consapevolezza di quanto quella macchina dei sogni avrebbe influenzato, direttamente o indirettamente, le vite delle generazioni seguenti.





mercoledì 23 dicembre 2015

Un pensiero e un augurio

Per queste feste non riesco a non pensare alle cose stupende che hanno attraversato la mia vita quest'anno, ma nemmeno posso far finta di non avere dentro di me, come essere umano, piccole cicatrici, mille angosce e grandi ferite non rimarginate che partono dal cuore della mia città dell'anima, Parigi, e scendono in mille rivoli in ogni angolo del mondo dove la violenza è la regola e la felicità è un concetto più labile della stessa precarietà umana. Non ho ricette, non ho risposte. Ho solo ben chiara l'idea che ogni rivoluzione parte dentro ciascuno di noi e nulla, ma proprio nulla, è scontato. Voglio fare un augurio al mondo, che veda la Luce della ragione.

"La diseguaglianza è la causa della violenza. Non è comunismo, è verità."
(citazione: indovinate chi l'ha detto)







domenica 13 dicembre 2015

Liquido

Viviamo immersi in un mondo liquido che avvolge, travolge e scorre via attraverso le caditoie del nostro tempo. Ci affanniamo a fissare parole, scolpire concetti, magnificare promesse e sentenziare verità, quando non abbiamo che i nostri sensi per percepire e le nostre mani per cercare di trattenere qualcosa, mentre tutto scivola via transitando dagli uni agli altri in modo spezzato e frammentario e nulla rimane per sempre in noi, poiché noi passiamo. 
Certi istanti ti permettono di gettare fuori la testa da questo liquido e di respirare, di vedere la Luce, di fermare il tempo. La felicità è la negazione del tempo, un'apparenza che va assecondata con ogni atomo del nostro corpo, perché è di essa che si nutre la nostra sopravvivenza. 
Bisogna fuggire dall'illusione, da un nuovo tuffo nel buio, nel nostro liquido oscuro, nel caos, nel nulla che siamo malgrado le nostre ostentazioni, senza avere alcuna certezza che una spinta contraria ci ributti di sopra a rivedere la Luce, a riavere ossigeno, a respirare ancora una volta e beffare questo lento vortice che ci trascina giù, verso le fogne del tempo.




giovedì 3 dicembre 2015

Il cuore messo a nudo

Quando le luci scendono ed il silenzio avvolge le cose, si ripercorre, soli, il corridoio di questo strano museo. Rimangono soltanto i passi ed il respiro, il riverbero di qualcosa che ha illuminato il cammino, il miraggio di una fioca luce solare raggiunge una stanza sorda, spoglia e scura. In questa stanza si può osservare Charles, che perdonerà questa insolenza, ma il cieco vive di sogni come il rabdomante dell'acqua.
Chi siamo veramente, una volta tolto l'abito di scena? Il cuore messo a nudo non si riveste più degli strati di socialità protettiva e rimane lì, esposto, a pulsare la sua agonia umana chiuso in una teca di cristallo che tende a opacizzarsi sempre più, mentre il suo scafandro indossa il costume e continua il proprio duello con la banalità delle cose ritenute necessarie. I gabbiani guardiani dell'urbe salutano l'uscita da me stesso e la mia nuova visita a questo palcoscenico che non riesce a spaventarmi nemmeno coi suoi orrori più fragorosi.
Nulla mi spaventa più della cecità. Guardare e non vedere. Un destino amaro che rischia solo chi esplora l'anima da dentro e ama, senza calcoli, la Luce.