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martedì 29 aprile 2014

La passeggiata alta di Roma

Dopo una giornata iniziata in inverno in Emilia, una passeggiata di fine pomeriggio nella primavera di Roma: Piazza Barberini, via Sistina, il Pincio, Piazza del Popolo, Via del Corso, Via del Tritone e rientro... Un'ora a piedi, solo con la mia musica nella mente e una moltitudine di sconosciuti attorno. Camminavo dritto al centro di via del Corso senza incrociare alcuno sguardo. Pensavo alle meraviglie ed alle miserie della natura umana, avendone toccato due esempi eclatanti in giornata. 
Non sentivo nemmeno gli abituali dolori alla schiena, tanta era la gioia di essere lì a passeggio in compagnia dei miei pensieri migliori e della grande bellezza di Roma...









La stanza delle storie narrate

Avanzando, nel mio strano museo, si accede ad una piccola stanza ricolma di fogli sparsi. Nessun ordine si può incontrare in queste pile di fogli, nessun percorso da seguire. Ogni foglio ha dietro il suo giorno ed ogni giorno ha la sua storia da raccontare. Può essere l'inizio di un romanzo, la poesia dedicata ad una donna incrociata per caso o ad un'altra solamente immaginata. Si può trovare una riflessione sul tempo, sulla vacuità del successo o sugli inganni  della morale comune. Tutto questo senza date nè spiegazioni. Tutto quanto impregnato di uno spirito in cui l'arte è il mezzo per osservare sè stessi ed il mondo circostante. Non vi sono studi umanistici profondi, nel mio percorso scolastico, ma la sensibilità verso tutto ciò che è umano ha condotto ogni mia esperienza.
Quante storie sono iniziate su queste pagine? Io credo tante quanti sono i giorni in cui ho vissuto veramente. Poche cose hanno ricevuto il dovuto impegno successivo, quello che trasforma un'idea interessante in un progetto compiuto. Quante frasi spezzate, capitoli interrotti, romanzi abbandonati all'incipit di una nuova immagine da rappresentare? Una per ogni giorno sbagliato della mia vita, di certo.
Eppure io mi sento sempre presente in ognuno di questi fogli. Non ne rinnego nemmeno uno. Nemmeno quelli più vuoti e piatti che rappresentano alcuni tratti della mia vita.
In un angolo di questa stanza si trovano, infatti, intere agende scritte a mano, saturate di piatte cronache quotidiane. Ho vissuto una buona parte della mia vita con l'ossessione del ricordo. Vivevo travisando il senso della memoria al punto da considerare importanti solo quelle cose di cui tenevo traccia. Così, nella memoria scritta dovevo ritrovare la straordinarietà degli atti più insignificanti che riempivano le mie giornate, così ricolme di nulla da risultarne straripanti, sino al punto dal rendermi estraneo all'io che descrivevo nelle pagine e che, di tanto in tanto, andavo a rileggere. Il castello di carte della memoria un giorno è crollato, assieme ad altre certezze ben più consolidate, al manifestarsi del primo soffio d'aria della mia fragilità di individuo fallibile e mortale.
A quel punto cessano le cronache e ripartono le storie, le narrazioni, i racconti onirici, le poesie ermetiche, gli haiku scritti al cellulare, inviati a poche persone è cancellati per sempre il giorno seguente. 
Il romanzo dei romanzi è la nostra vita e quella resta negli atti che compiamo, negli occhi dei nostri figli per i quali siamo la fabbrica dei primi ricordi, nell'arte che mettiamo nelle cose che facciamo per gli altri,  nell'amore che sappiamo donare sotto ogni forma. Che sia un bacio od una pagina scritta sino in fondo.

domenica 27 aprile 2014

Prima dell'alba

Questa notte, nella volta celeste, cercherò la luna. In essa troverò il punto di congiunzione ideale con chi non si trova sotto il mio stesso cielo. La guarderò sorridendo, perché so che lei potrà raggiungere ciò che i miei occhi si limitano ad immaginare, il luogo in cui vorrei essere e che invece posso avvicinare solo attraverso questo artificio emotivo. 
La luce riflessa del satellite terrestre accompagnerà il cammino randagio della mia mente, stasera. Una nostalgia dolce ed indefinibile per la luce vera e diretta che definisce le giornate, per il sole che ci accende e ci disegna in pieno mezzogiorno. Senza ombre.
La notte andrà a stemperarsi nel chiarore di una nuova alba. La aspetterò ad occhi aperti assieme alla luna in cielo. In un soffio di vento, sarò lì. E sarà giorno fatto.


venerdì 25 aprile 2014

Liberazione

Quando ti accorgi che la tua vita non è niente altro che la risultante di circostanze fortuite e volontà altrui, quando ti rendi conto che il tuo pensiero non è libero di esprimersi perché qualcuno vuole decidere cosa è giusto o sbagliato per te, quando diventi consapevole che subisci le regole senza esserne l'estensore, quando il tuo essere diverso capisci che urta chi pretende di disegnarti, quando qualsiasi forma di violenza, fisica, comportamentale o psicologica ti impedisce di autodeterminarti, quando non vedi la fine della prigionia da ciò di cui non hai saputo liberarti, è giunto il momento di rivivere il 25 aprile e tirare fuori lo spirito di lotta per le cose in cui credi, a partire dal diritto alla libertà di espressione e di pensiero, passando per il diritto di essere sé stessi senza le censure morali di un'etica di circostanza. Lottare per questo ad ogni costo significa fare onore e ricordare chi ci ha resi liberi dal peggiore incubo del secolo scorso.
Viva il 25 aprile! 

mercoledì 23 aprile 2014

Oltre l'apparenza

Nell'aria tiepida di Roma accompagno la mia indole contemplativa attraverso le strade abituali, ma mi accorgo di osservare ogni cosa con occhi diversi. 
La mia sensibilità è in risonanza col mondo, il ché non significa apprezzarne ogni aspetto, ma vedere attraverso le cose ed assumere di conseguenza uno sguardo più consapevole.
Riconosco improvvisamente l'umanità che sta dietro ogni particolare, ogni sguardo, ogni debolezza mascherata dalle più solide esteriorità. Sento di avere liberato la mia anima da tonnellate di preconcetti che necessariamente sedimentano quando si è attenti prevalentemente a sé stessi. Ciò mi fa guardare oltre l'apparenza, oltre le maschere, oltre le rappresentazioni che mettiamo in vetrina.
La leggerezza che mi accompagna in questi giorni ha il nome della felicità e potrà assumere un valore immensamente più grande se riuscirò a trasmettere qualcosa in più dalla mia anima alle cose che faccio, ai gesti che compio, alle parole che dico. 
Ogni cosa è chiara ai miei occhi. 

martedì 22 aprile 2014

L'isola del tesoro.

Nel silenzio di una notte calda, i ricordi si accendono e disegnano curve nell'oscurità, come le luci distanti di una strada in collina di cui è possibile seguire le traiettorie senza individuarne la destinazione. Mi sono perso molte volte ad osservare la notte, specialmente in estate, puntando gli occhi nella direzione in cui pensavo si mimetizzasse la mia irrequietezza.
Ad occhi aperti, ma con l'anima sognante, ho visto il mare notturno del Lavandou sfumare in un cono di increspature d'argento scese dall'occhio della luna, accesa tra Port Cros e l'Ile du Levant. Ho sentito parlare tante volte le onde e confuso quelle parole al fumo delle mie sigarette di allora, che raccontavano di chi non c'era e mi facevano sentire meno solo. In quel buio, tutto era chiaro e leggibile, eppure non riuscivo a vederlo.
Le isole davanti a me erano lo specchio di ciò che mi sarei potuto aspettare oltre quel buio, oltre quel fumo, oltre alla mia vita di allora.
Tante notti, forse troppe, trascorse a fissare il buio per cercare il guscio di noce che mi portasse oltre quel mare. Un disegno perfetto nella mia mente ritraeva un mondo sul quale, però, non sarebbe mai arrivato a sorgere il sole.
La luce di oggi illumina quell'uomo di allora, evidenziandone le fragilità.
C'è spazio in questa stanza, per tracciare mappe ed inventare percorsi da appendere a fianco delle testimonianze di un tempo che raccontano di una storia lunga, complessa e carica di illusioni. Una costante caccia ad un tesoro sulla esistenza del quale nemmeno il più assiduo dei pirati avrebbe scommesso.
Saluti dall'isola che c'è. 

domenica 20 aprile 2014

Resurrezione

Cammino lentamente lungo questa striscia di sabbia ancora carica di umidità. Il mare regala come sempre questa illusoria sensazione di infinito che lo rende così simile alla vita. Oggi però voglio respirarne il senso di libertà, a compensare la gabbia di silenzio in cui debbo contenere alcuni dei miei giorni. L'odore di salsedine mi entra nella memoria dalle narici e si perde inutilmente alla ricerca di un momento come questo. Le voci si rincorrono lungo la spiaggia illuminata da questo sole inatteso. Lontana, una campana mi ricorda che in questo giorno si celebra una resurrezione. Oggi sento che rinasco un po' anch'io, nella mia armatura più umana e nel mio spirito più profondo. Dritto davanti a me ho ben chiara una luce che mi guida e mi accompagna e, dopo un tempo che mi è sembrato infinito, conosco i miei obiettivi e li voglio raggiungere.
Nel caos totale, nulla è veramente per caso. Nemmeno una resurrezione. 

venerdì 18 aprile 2014

Senza metafore

Dalla parola alla vita non è un percorso breve. È un oceano da attraversare su un guscio di noce. Le metafore scivolano via e resta il concetto. Tutto quanto assume una connotazione più marcata e diretta; non è più "come se fosse" ma è ciò che è veramente.
Questi lunghi mesi di viaggi sul mio guscio di noce mi portano in un luogo pieno di libri e mi capita di vedere la Luce proprio li, tra un saggio di Bauman, uno scritto di Gramsci ed uno di Togliatti. Vengo da un altro tempo e vado in una precisa direzione. La luce si accende e mi ci immergo con gioia ad occhi aperti e con la consapevolezza che quella è la luce che cercavo. Finalmente. 

giovedì 17 aprile 2014

La stanza delle pagine scritte

Ci sono spazi in cui la mente ha il diritto di correre nella direzione che vuole e in cui il mondo si ricostruisce come fosse fatto di mattoncini di Lego. In quegli spazi l'abito che indossi non fa di te un uomo migliore, perché la tua anima emerge nuda senza veli.
Via le maschere, qui sei nelle pagine di un romanzo che leggi e non puoi fingere con te stesso. Nessuna imposizione ti regalerà mai nulla fino a quando la magia della parola scritta non ti scaverà dentro qualcosa e ti imporrà di voltare pagina. Dietro quella pagina c'è una nuova immagine di ciò che sei e che ancora non conoscevi. C'è una ricchezza nuova, un'alba mai vista, un tramonto inatteso, un primo bacio, un'emozione che può arrivare a scuotere ciò che sei come fossi un albero da cui far cadere frutti improvvisamente divenuti maturi.
Non puoi pensare di essere una persona vera se non metti in funzione tutti i tuoi sensi e le tue attitudini. L'emozione è la trasduzione fisica di un concetto di cui ti appropri. Scrivere è un modo per donare se stessi attraverso le emozioni. Leggere è ricevere in dono un mondo che si può modellare per farlo aderire alle pareti della stanza più intima, quella della fantasia, la stanza che apriamo solo quando ci innamoriamo o generiamo una qualsiasi forma d'arte.


mercoledì 16 aprile 2014

I Percorsi Obbligati (racconto breve)


Fischietto qualcosa, in macchina. È mattina. Il rumore dell'aria sui finestrini ed i cigolii incurabili della mia auto rendono difficile anche solo ascoltare questo suono che esce dalle mie labbra.

"Che bel posto questa periferia industriale!".
Più mi guardo attorno e più non mi ritrovo, mi sento perduto, privo di significato. Dove sto andando? Sono fuori per lavoro, sono fuori dai miei pensieri, seduto sulla mia automobile, fermo, sempre più fermo... E più accelero e più mi sento immobile.

"Mi sono spinto lontano, questa volta". 

Lontano al punto da confondere ciò che penso con ciò che dico, ciò che sono con quello che ricordo di me stesso. Non penso più tanto al lavoro, penso e basta, così la mia vita scorre ogni giorno sotterranea dalla fonte alla foce.

"Ho conosciuto della gente tristissima, che lavorava ogni giorno senza potersi mai porre un traguardo brillante che non fossero le tende nuove, o cambiare TV o il frigorifero. Ed io che sogno di vivere d'arte...".

È l'ambizione che fa avanzare il mondo, dice un amico saggio. Non credo, rispondo, sono i sogni che generano ogni progresso, la lotta contro i limiti dell'immaginazione.
Che confusione! Un mercato di paese sulla mia strada.

"Ti vedo...".

Come deve essere vivere qui? Poter dire: io sono nato in un paese di mille persone

"Ti amo...".

È tutto sepolto nei ricordi d'infanzia, è tutto rinchiuso nel nostro cuore giovane, quello che si nutriva di illusioni. Ma è forse cambiato qualcosa, da allora? Non vivo ancora di illusioni, di attese ossessive per minime ricompense, di piccoli istanti di oblio assoluto?

"Ti guiderò...".
Non sono mai stato qui, eppure le facce mi sono familiari. Questo sole mi piace. Ma è soltanto una cornice stupenda e altrettanto vuota. Ed il quadro? Al quadro penserò il mese prossimo, con il nuovo stipendio. Sarò una persona con un quadro stupendo ed il sole come cornice.

Vedo le cose uscire dalla terra come parole da una grande penna ancora più folle e disadattata della mia.

"Ho sedici anni... ho diciotto anni... ne ho venti... trenta... quaranta".
Questo posto sono certo di averlo già visto, ricordo tutto nei minimi particolari: qualche anno fa, con mio padre, un sabato mattina...ma no, non è possibile: quella volta eravamo in collina...

"Ti ricorderai di me?".
Non so, mi sembra di avere lasciato qualcosa in questi luoghi.

"Hai mai sognato qualcuno già morto?"
Mi perseguita l'idea di non ricordare, di non ritrovare quel foglio con i miei propositi per il futuro.

"Non hai bisogno di me?".
Avrei voglia di pioggia, di chiudermi sotto un ombrello o qui in macchina o dentro un caffè a bere qualcosa di caldo e ridere, pensando a quante altre volte faremo lo stesso, insieme.

"Hai mai pensato all'amore?”
Si: avevo diciannove anni, volevo vivere d'arte. Volevo dire qualcosa, ma la penna non andava, avevo finito la carta o non so più che altro.

"Proprio non mi riconosci?"
Ho provato amore diverse volte per diverse donne, senza riuscire a dir loro niente che fosse inerente all'amore...forse questo mi ha risparmiato delle delusioni, ma non certo i rimpianti.

"Non vuoi più parlare con me?".
Benissimo, stiamo arrivando, preparati: aria disinvolta, quasi distratta e al tempo stesso capace di trasmettere la sensazione di essere completamente padrone della situazione. Buongiorno, mi dice questo tizio dalla faccia rossa e sorridente. Buongiorno, rispondo. Non è mai venuto qui da noi?. No, è la prima volta.

"Che cosa facciamo stasera?".
Seguo il sorriso del tizio che mi precede in un corridoio di polvere asfissiante. La cornice stupenda del sole filtra attraverso i fori della parete e scolpisce delle colonne di luce obliqua che si piantano al suolo con una solidità che travisa l'effettiva assenza di materia delle stesse. Ed io cammino attraverso quelle colonne e chiudo gli occhi.

"Sdraiamoci qui".
Si, incomincio a vedere qualcosa! Vedo dei rami...e delle braccia. Riapro gli occhi. Come ha detto? Se è molto che faccio questo mestiere? Si, forse.

"Hai mai letto Eluard?"
Non riesco più a seguire ciò che mi dice questo uomo, ho la testa altrove, sento delle voci dentro!

"Devi sapere tutto di me"
Non ho più coscienza professionale, ammesso che l'abbia mai avuta, non ho più coscienza di niente: debbo seguire il mio istinto. Cammino sulle lamiere contorte di una lavorazione astrusa, sono solo adesso. L'uomo dalla faccia violacea mi ha lasciato a "fare quello che devo". Ecco la mia arte a cosa mi ha condotto: a questa polvere insopportabile.

"Ti porto in un posto dove andavo da piccola con mio padre".
Non è possibile. Sento di essere in un luogo eppure sono in un altro, eppure qui a fianco c'è un prato proprio come quel prato, eppure quell'albero...ma era aperta campagna! Non può essere! Non sono così vecchio! Non sono cambiate tante cose!

Non riconosco più i luoghi, non riconosco gli odori. 

"Sdraiamoci qui".
Ma sì! Deve essere questo, per forza. La figura scura dell'albero controluce si incastra perfettamente con la sagoma vuota presente nella mia memoria. Non ho più dubbi e allora incomincio a correre. L'albero si avvicina, lo tocco, ci giro attorno e in quel preciso istante la vedo sdraiata con la schiena appoggiata al tronco dell'albero.

"Sei arrivato, finalmente!".

"Dio mio! Erano almeno due ore che ti sentivo parlare dentro di me! Ero certo che ti avrei trovata qui!".

"Finché esisterà quest'albero, noi saremo quest'albero ed io non mi muoverò di qui... Dove sei rimasto, tutti questi anni?"

"Ti ho cercata dappertutto. Ti ho pensata così intensamente che i tratti del tuo viso erano sfumati nei miei ricordi. Capisci? Non ricordavo più la tua faccia!".
"Dovrei sentirmi offesa o lusingata?".

"Lusingata, suppongo".

"Le tue certezze corrono sempre su questo tono, vero?".

"Sì, non riuscirò mai a cambiare...E tu cosa hai fatto in questi anni?".

"Ti ho aspettato, non ti ho cercato. Ero sicura che se saresti tornato, saresti tornato qui".

"Non ricordo più nulla...non ricordo quasi nient'altro che le parole di oggi".

"È un buon passo per ricominciare".

"Ricominciare cosa?".

"Lo chiedi tu a me?".

"Certo... Io... io sentivo questa voce che chiamava... Non sapevo da dove né perché, finche ho sentito dentro di me la presenza dell'albero e poi l'ho visto, ho corso e ti ho trovata, non so nient'altro".

"Hai ancora tanta paura?".

"Si, ho paura di riperderti, di non ritrovarmi più, di non essere più niente di diverso da ciò che fuggo. Ho bisogno di te, più di quanto tu non creda".
"Ti vedo...".

"Ti amo... ma ho troppa paura".

"Ti guiderò...".

"Tu non hai bisogno di me?".

"Come sarebbe possibile? Noi siamo una sola persona...".

Di fronte a me il cielo azzurro è macchiato da una nube grigia e dal fumo di una ciminiera. Delle ruspe scavano il terreno non lontano da qui. L'uomo dalla faccia violacea parla con un altro e mi indica. Un soffio di vento mi sposta i capelli. Chiudo gli occhi.

EPILOGO

Il tergicristallo spazza via i fiocchi di neve. I cigolii sono ovattati dall'oceano bianco. Sono ore che guido ma non riesco a trovare la strada. Gli indizi non mancano, ma tutto si confonde una volta di più. E adesso? La rosa che mi ero portato a chi la darò?

C'è un incidente e per evitare la coda svolto per la prima stradina che incontro. Si fa sempre più stretta e sbuca su un campo bianco di neve. Riconosco i muri, la ciminiera!

Scendo sotto la neve.

Mi guardo attorno ma non c'è niente, non c'è più traccia dell'albero.

Un soffio di vento mi fa cadere la rosa di mano. La guardo coprirsi lentamente di neve. Era questo il posto? Non so.

Chiudo gli occhi e ascolto il silenzio che resta sospeso tra il mondo e ciò che resta di me. 
Siamo solo l'amore che diamo. 

(AP - 1990)


domenica 13 aprile 2014

La coda di una cometa

Ci sono luci che non si spengono mai, ma si riaccendono in noi ogni giorno. Ci rimane il dovere di illuminare il mondo con quella luce, di accendere, a nostra volta, quella luce nel cuore di qualcuno, trasformando la memoria in vita. Oltre la nostra stessa vita.

mercoledì 9 aprile 2014

Tramonto romano

Dopo una giornata lavorativa contraddittoria, un tramonto romano in terrazza, passeggiata sino a Montecitorio, aperitivo, cena all'Osteria Barberini, passeggiata sino a Piazza Navona con caffè a Sant'Eustachio e rientro... 
Come non pensare che sia un posto davvero unico? Come non pensare che ogni luogo contenga nella propria bellezza un messaggio codificato che si rivela solamente allo zenith della propria parabola emotiva?
 

martedì 8 aprile 2014

La stanza della meraviglia.

In questa stanza ci sono due sedie, una di fronte all'altra. Una è libera, mentre nell'altra è seduta una figura femminile. Sorride e mi invita sedere.
Senza parole, carico di pensieri, carico di emozione, mi siedo. Osservo gli occhi della fortuna che mi siede davanti e non trovo nemmeno le forze per dire un "grazie". In effetti sarebbe limitativo il grazie per ciò che provo e per come mi sento. 
Vorrei dirle un sacco di cose, apro la bocca, parlo, ma non dico nulla di importante. Al contrario lei pronuncia alcune parole che mi si conficcano nel cuore. E allora penso. Penso a quante volte ho sentito quel vuoto che vedo riempirsi in modo così improvviso di meraviglie e di stupore. 
Penso a come riuscire a trasmettere ciò che ho dentro. Non sarà semplice, perché ho dentro tanta roba. Ma la fortuna che mi siede davanti merita questo e ben altro. 
Quando giunge il momento di alzarsi dalla sedia non vorrei farlo, ma altre stanze mi aspettano, ben consapevole che ciascuna stanza mi riporterà qui, dove tutti i miei pensieri trovano la propria luce.


domenica 6 aprile 2014

Gotico eterno


Ottocento anni di storia ti aspettano dietro l'angolo di una anonima stradina di Reims.
Gli occhi si incollano ai marmi e ai graniti che trasmettono il respiro dei secoli e, come calamite, non lasciano andare l'attenzione. Si resta così, per lunghi minuti, ad osservare l'armonia complessa sfoderare il linguaggio universale della bellezza.
Nel 2011 mi sono ritrovato ai piedi della cattedrale a condividere un sogno collettivo con migliaia di persone sedute sulla piazza. Quasi 30 minuti di immagini video proiettate sulla facciata della cattedrale nè ricostruivano la storia. Una meraviglia senza tempo. Uno dei pochi luoghi dai quali non mi veniva più voglia di andarmene. Un gotico assoluto ed eterno che invita ad essere parte di quella stessa eternità...

venerdì 4 aprile 2014

Architetture interiori

Le architetture inquiete delle mie giornate si ergono su strutture mutevoli. A tratti paiono grandiosi palazzi dalle infinite possibilità, a tratti si riducono ad effimere capanne a protezione di un pensiero residuo.
Sono spesso sconfortato dalla solitudine che mi pervade tra la folla che mi circonda, in questa capitale del caos. Ovunque punti il mio sguardo noto occhi blindati, stanchezza e disinteresse. Qualcuno sarà pure felice da qualche parte? 
Passo giornate intere perso tra discorsi, documenti, ragionamenti e strategie, poi, mentre parlo,  ascoltandomi, si accende in me una luce, proveniente da occhi lontani che percepisco aperti davanti a me... e rinasce la consapevolezza che posso osservare il mondo sotto una luce diversa: la tensione si scioglie, le architetture si rinforzano, la vita esiste... E un sorriso ridefinisce la mia giornata...

mercoledì 2 aprile 2014

Le Ricreazioni Olfattive

C'è un luogo, nel mio museo, dove sono rinchiusi i ricordi più nitidi, magari non tutti importanti ma di certo tutti dai contorni ben definiti. Ogni cosa del passato può riemergere dalla memoria, estratta da uno o più dei nostri sensi. Nel mio caso i due sensi che agiscono a questo scopo sono in modo più limitato l'udito e, prevalentemente, l'olfatto.
In questa stanza ci sono pareti ricoperte di flaconi contenenti gli aromi di istanti passati. Ad ogni flacone corrisponde un momento definito e distinto della mia vita e ad aprirlo, come da una lampada magica, riaffiora il ricordo.
Vedo così il flacone con un'etichetta color lavanda: "Maussane Les Alpilles luglio 95". Aprendolo, ne uscirebbe l'aroma acre di fieno tagliato, che mi proietterebbe a quell'inizio d'estate torrido di tanti anni fa, sui "pradons" delle Bouches du Rhone. Inconfondibile quanto l'odore acre delle corde intrecciate con cui era fatta la stuoia nella sala dalle pareti di pietra di quel Mas Prouvençal in cui trascorsi notti insonni a guardare le stelle e ad ascoltare il gracidare di rane e rospi. Erano voci. Oggi sono profumi.
Un secondo flacone reca una scritta sull'etichetta verde.
Aprendolo, mi pervaderebbe una fragranza di bosco speziato. Mi troverei proiettato nei miei 15 anni, in una sera di luglio del 1980. Attorno a me le montagne della Val di Fassa immerse nel buio della notte fresca, di fronte a me una ragazza dai capelli color rame, dagli occhi verdi illuminati anche al buio. In quel profumo saprebbe restituirmi il sapore delle labbra di quella ragazza, quelle del mio primo bacio. Sul comodino della mia camera d'hotel campeggiava il flacone di quel profumo dalla scritta verde sull'etichetta.
Così da un altro flacone uscirebbe un aroma di legna e di fuoco che mi porterebbe alla lavanderia della casa di mia nonna, quando nel grande paiolo di rame venivano bolliti i vasi delle conserve. Ritroverei le voci di quelle giornate, vive come allora, anche se tanti di quelli allora presenti oggi non esistono più.

Un'infinità di flaconi sui miei scaffali raccolgono le chiavi di accesso al mio passato. Purtroppo, però, non sono io a decidere quando aprire questo o quel flacone. Sono gli stimoli sensoriali del mondo esterno che aprono di volta in volta una pagina differente nel mio archivio e restituiscono le mie mappe interiori. Il mio solo compito è quello di avere sempre uno scaffale disponibile, con nuovi flaconi pronti ad essere riempiti.