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martedì 27 dicembre 2016

L'ultimo gettone

"Siamo saliti in macchina convinti che durasse all'infinito e abbiamo cominciato a divertirci solo quando abbiamo capito che ci era rimasto soltanto un ultimo gettone da usare".
Da ragazzi, nelle rare domeniche al luna park, vivevamo una incredibile metafora del nostro esistere senza che ne riuscissimo a cogliere la lezione.
In pista, tutti allo scontro con tutti, dentro ad automobiline sgangherate e solo superficialmente scintillanti, si doveva sfoderare maestria nel districarsi dai gineprai di traffico creati da gente inebriata dal mettersi di traverso davanti a te. Il paradosso di tutto questo stava nel fatto che più botte si prendevano e più si rideva, ma si restava convinti che quell'ultimo giro sarebbe stato il più bello, quello memorabile. Dovevamo impressionare noi stessi, convinti che questo avrebbe potuto impressionare il mondo a cui ci esponevamo.
Una volta scesi si restava sospesi nel silenzio che stemperava gradualmente il frastuono di voci e di suoni che ci lasciavamo alle spalle. Si rientrava nel buio, nel quotidiano mormorio familiare, che sempre accompagnava il fluire indefinito del tempo. E in quel buio, in quel rinnovato torpore domestico, di tanto in tanto ancora oggi balena il crepitare di quelle voci, delle risate infinite di quell'ultimo gettone, speso nella segreta speranza che ve ne potesse essere un altro ancora. Anche uno soltanto. Sarebbe stato il massimo. Sarebbe il massimo ancora.





giovedì 22 dicembre 2016

Sogni

Vorrei conoscere la materia che produce i sogni. Vorrei capire da quale notte emergono, da quale naufragio sono scampati per presentarsi così inzuppati di realtà, vivi nel calore della pelle e inebrianti nel loro dolce profumo persistente, sebbene così distanti dalla riva del risveglio. 
Io sogno e dai sogni riemergono luoghi morti e persone amate come se fossero lì al mio fianco, ma apro gli occhi e rimane solo accesa la luce di emergenza a segnalarmi che non c'è più corrente, che sono al buio. Sento il profumo vivo in me, mi affanno per cercare di cogliere quel profumo, ma tutto sfugge. Sognavo, stavo sognando, ho sognato. Smettila di sognare. Finirà mai questa notte?







sabato 17 dicembre 2016

Tu resti

Lentamente cammino lungo il nastro di strada che si affaccia sulla notte fredda di un dicembre romano. Luci e festoni, ma non c'è gloria in questa storia. Tutto scorre e passa come un fiume in piena, che ci trapassa sorprendendoci inermi e lasciandoci attoniti.
E' la vita. E' la morte.
Restiamo spettatori di un passato prossimo a cui non è stato declinato un futuro e che dentro scalpita, ruggisce e reclama ancora ogni giorno un tributo. Un tributo fatto di silenzioso dolore, di sorrisi disegnati con l'inchiostro simpatico, di pensieri saturi di albe fredde e tramonti infuocati trascorsi a fissare un orizzonte di cartapesta. Mano nella mano si sciolgono le promesse fatte e gli atti vanno a negarle. Ma non si possono cancellare i fantasmi: ci accompagneranno per sempre.
E da fantasma camminerò ancora e camminerò a lungo. Mi sfinirò di questi scorci di infinita bellezza. Berrò ogni ricordo e, ubriacandomene, brinderò al vuoto che mi rincorre e che finirà per agguantarmi.
Passo dopo passo, parola dopo parola, questa belva mi azzannerà, stordendomi ancora più con le espressioni vane di chi ha amato follemente. Amare è una cosa crudelmente seria.
E così, senza più sorrisi, attraverso ancora una Roma che sembra fregarsene di tutto e di tutti, certamente di me. Io e le mie parole ce ne andiamo così, trasfigurando nel silenzio interiore. Io e le mie parole perdiamo forza e colore. Noi ce ne andiamo, ma tu resti ancora e sempre. Dentro di me.