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lunedì 31 marzo 2014

A day like today...

Vivere è difficile, faticoso, a volte è quasi una tortura, ma fino a quando rimane un grammo di anima si deve lottare per vedere un giorno di primavera, un giorno in cui gli occhi che hanno conosciuto le lacrime si accendono di un sorriso, un giorno in cui i silenzi diventano risate e la luce non proviene solamente dal sole. Un giorno come oggi, insomma.

sabato 29 marzo 2014

La stanza degli specchi

Si entra in questa stanza da una sorta di tenda che si richiude immediatamente senza lasciare segni o possibilità di uscita alle spalle. La stanza è ovale e la luce del sole, filtrata da veli bianchi, piove dall'alto non esistendo finestre alle pareti. Le pareti sono una successione di specchi diversi nell'aspetto e nella superficie. Ciascuno restituisce un'immagine riflessa diversa. Ovunque uno si rivolga non potrà sfuggire a una diversa visione di sè stesso. Quando sono entrato non immaginavo che avrei visto tante rappresentazioni di ciò che appare di me e nemmeno credevo che nessuna di esse sarebbe stata in grado di descrivermi davvero. 
Vedo ovunque il volto di una persona che non ama troppo ciò che vede. Vedo un ragazzo troppo lontano dal bello per considerarsi tale. Vedo un giovane senza grazia che deve cercare nel pallore del trucco una maschera originale per rendere degno di attenzione ciò che di bello nasconde dentro. Vedo un adulto consapevole della grande distanza che resta tra ciò che appare e ciò che sente di essere veramente e che nasconde questo disagio cercando di regalare felicità a tutti coloro che lo circondano, indistintamente.
Vedo anche un volto stanco e invecchiato che non chiede ai propri occhi di ridisegnarsi per piacere, ma di chiudersi per iniziare a vedere davvero. In quello specchio interiore vedo gli altri riflessi in me e capisco di essere il caleidoscopio di me stesso nelle mani di chi mi ama davvero, lontano dallo specchio deformante di qualsiasi giudizio.

giovedì 27 marzo 2014

A casa il caso.

Rientrato a casa, debbo credere al caso o è il caso che ha  semplicemente lavorato sulle mie difese, facendomi ammalare proprio oggi? In tutti i casi sono arrabbiato col caso. Tanto. 
Non si può avere troppo nella vita, ma non cederò al caso. Lo blandirò, lo aggirerò, lo convincerò ad aspettare un po' oltre, ma farò di tutto per determinare ciò che voglio per il mio giorno che viene.

lunedì 24 marzo 2014

La stanza degli sguardi

Questa stanza contiene un'infinità di sguardi. Sono quelli rimasti impressi nella mia memoria. Non tutti hanno avuto un significato importante ma tutti hanno trasmesso un codice, il messaggio che stava dietro a quello specifico sguardo. Un messaggio d'intesa, di complicità, d'invito o di chiusura piuttosto che un messaggio nella bottiglia, un grido silenzioso, un'implorazione. Molti di essi non hanno nemmeno un nome, ma sono rimasti ugualmente impigliati nella rete della mia memoria.
Sarebbe facile parlare dello sguardo della compagna di una vita o quello di un attimo prima di un primo bacio, altrettanto semplice sarebbe parlare della meraviglia mista a curiosità che affiora dagli occhi dei figli. Ma con queste persone già altre forme di linguaggio si sono sviluppate e consolidate e con questi lo sguardo è, in fondo, una riconferma di sè. 
La meraviglia è pensare a quegli sguardi crudi e senza precedenti codifiche che appaiono dal buio dell'estraneità. Pura poesia estemporanea, tracce di luce che attraversano la notte rendendo tutto chiaro senza necessità di parole per esprimere un contatto umano.

domenica 23 marzo 2014

Music Room #1 - Cura oscura

L'ingresso in questa sala passa attraverso un corridoio di silenzio assoluto da cui emergono delle campane che risalgono sino a rimanere sospese nell'aria. Qui esplode una cascata di suono, entra nel corpo, nell'anima e non ne esce più. La chitarra è più una luce che un suono, la voce è sommessa ma serena. Sometimes you make me feel like i'm living at the edge of the world... "It's just the way I smile", you say... Era il 1989, nel mese di maggio, quando uscì Disintegration, l'album chiave dei Cure e Plainsong lo apriva spedendo l'ascolto verso uno spazio diverso da qualsiasi cosa sentita prima. Ogni canzone è una stanza, un luogo in cui ricollegare i fili del proprio intelletto, in cui scavare alla ricerca di sé e del tempo che si vive. Last Dance. Prayers for Rain... La pioggia che diventa parte della successiva, contemplativa e dolente, Same Deep Waters ad you... "Kiss me, goodbye"... e ritorna la pioggia.
Pochi passi più in là la musica si fa carne viva nel rosso sangue di The Kiss, sempre Robert Smith con la sua Cura... Quattro minuti di urla di una chitarra che non trova pace sino al grido disperato che sintetizza in poche parole come un rapporto possa nascere da un'attrazione incontrollabile ("So kiss me! Kiss me! Kiss me!"), esplodere e degenerare nel suo opposto... 
Ancora qualche passo indietro e ci troviamo al cospetto di una cupa nostalgia di ciò che avrebbe potuto essere e non è stato, per il trionfo del caos sulla ragione, della pornografia sull'amore.
One hundred years, the Hanging Garden, the Figurehead, Cold ed il caos finale di Pornography sono la colonna sonora di questa zona oscura che accompagna i miei giorni, dai diciotto anni ad oggi alla ricerca di un suono che sia intelletto, carne e vita, che colpisca tutti i sensi assieme e regali speranza, al di la del buio. Le ultime parole di Pornography infatti gridano al mondo "I must fight this sickness, find a cure!"

venerdì 21 marzo 2014

Fogli strappati

Ci sono giorni che nascono con un foglio bianco in mano e la testa piena di idee e finiscono con un foglio stappato e accartocciato nel cestino e l'idea di non riuscire più a dire una parola. Questo giorno mi rappresenta benissimo. Sembrano cent'anni dall'ultima parola scritta e molti di più dall'ultima ascoltata. Questo è un giorno dal sole freddo che scava un vuoto interiore grande come questo cielo sopra di noi, freddo d'acciaio, piatto, da accartocciare e gettare via, nel cestino ormai saturo delle pagine sbagliate.

giovedì 20 marzo 2014

Fondali sonori

Ogni angolo del mio museo contiene un insieme di percezioni che, per quanto ricreate e curate, non possono che essere una rappresentazione della vita reale che ci sta dietro... Ogni angolo possiede uno sguardo, un profumo, un sapore e un suono. Il suono è un elemento fondante dello scenario percettivo, infatti, osservare ad occhi chiusi permette di collocarsi nello spazio e nel tempo. Per questo tutto ciò che è collegato al suono ha un grandissimo impatto sul versante emozionale: permette di definire qualcosa di indefinito con un linguaggio universale e, per associazione, funziona da marcatempo per la propria vita. Le campane punteggiate dalle grida lontane dei gabbiani e mescolate ai suoni di strada mi collocano a Roma senza aprire gli occhi... Il soffio metallico del metrò di Parigi in movimento è inconfondibile, così come ogni mappatura sonora che ci colloca in luoghi a noi familiari.
L'identificazione sonora ha accompagnato da sempre i miei giorni e mi ha spinto a sviluppare associazioni spazio-temporali tra la musica e la vita. Non essendo mai capace di accontentarmi di ciò che esisteva e trovavo "in natura", ho dovuto cominciare a sviluppare musica in prima persona.
Dalla chitarra e armonica delle mie scuole medie, al pianoforte delle scuole superiori, all'insieme d tutti gli strumenti e drum machines di quando i soldi dei primi lavoretti me lo permettevano. Il ragazzo che scriveva e cantava canzoni per arricchire il proprio scenario sonoro non ebbe però mai la volontà di uscire dal proprio guscio con le proprie 100 canzoni, ma sviluppò la necessità di trasmettere emozioni che nella musica non riuscivano a trovare il varco per uscire dalla soglia del proprio carattere introverso. 
Il verso scritto per una canzone si trasforma pian piano in poesia, la poesia in racconto, il racconto in un romanzo ed il romanzo in vita. Il fondale sonoro delle giornate di chi legge...

domenica 16 marzo 2014

Here comes the springtime!

Questo incredibile puzzle che è diventata la mia vita richiederebbe momenti in cui ricaricare le batterie e riflettere. Per ora mi ricarico dormendo pochissimo e rifletto viaggiando tanto. Ma va bene così: sto plasmando pensieri nuovi, idee da costruire, romanzi da scrivere e, dunque, vita da vivere. Here comes the springtime!

L'asse terrestre - Paris 84

In questa sala si affollano un mare di sensazioni che appartengono a vite sepolte sotto a decine d'anni di ricordi, depositati e sedimentati dentro l'anima. 
Quando il ragazzo di diciotto anni mette piede sul selciato di Parigi per la prima volta è un animale curioso di scoprire cosa si nasconde dietro al nome di quella città da tanti così mitizzato. Non conosce nulla o quasi di quei luoghi. Il mondo non passa ancora attraverso il macroscopio del web e non è così piccolo come oggi. Le sole cose che il ragazzo conosce le ha apprese dai libri, che però solo raramente riescono a trasferire l'umore dei luoghi e lui ha solo il tempo di una gita - tre giorni - per dare forma concreta a nomi che risuonano grandi e vuoti nel suo immaginario.
Non parla francese, che nemmeno comprende, ma un po' di inglese scolastico, si. Forse è per quello che a Beabourg, alla fine di una visita al Museo d'arte Moderna e Contemporanea condivisa con due compagni fuggiti dal programma ufficiale della visita, chiede un'indicazione ad un gruppo di sorridenti ragazze anglofone. Le parole diventano conversazione, seduti sui gradini della chiesetta di Saint Merri, davanti alle fontane Stravinsky che nel loro roteare e zampillare di colori e forme d'acqua disegnano un perpetuo giardino d'infanzia ed una romantica rappresentazione del flusso della vita.
Vincendo la timidezza attraverso la lingua straniera, lancia l'idea di rivedersi alle 10 sotto alla Tour Eiffel, l'unico luogo riconoscibile per chi ha appena messo piede in città.
Alle 10 di sera, senza nessuna convinzione di vedere rispettato l'appuntamento, lui ed i suoi amici si presentano sotto la torre. Alle 10 e mezza, nel caos abituale sotto al pilastro nord ritrovano le ragazze. 
Si va a Saint Germain, dicono loro, nell'accento tipico statunitense, che si scoprirà essere californiano di Santa Monica. La più silenziosa si chiama Laure ed è la più affascinante del gruppo, a giudizio del ragazzo, perché parla con gli occhi e non necessita dunque di traduzione. I locali sul boulevard sembrano acquari luccicanti ed il gruppo decide di tuffarsi in uno di questi, inondato di luci calde e toni caraibici. Gli altri ridono, chiacchierano e storpiano parole in almeno quattro lingue conosciute. Laure ed il ragazzo dialogano in silenzio, osservandosi, come increduli che due pianeti così distanti abbiano avuto la fortuna di incrociarsi proprio li ed in quel momento. Nella memoria del ragazzo, le labbra di Laure hanno il sapore di coca e rum e l'aria di Saint Germain è piacevolmente fresca. Ci si saluta nel profondo della notte, lanciando un appuntamento per il giorno dopo davanti all'ingresso del Louvre, che non ha ancora la piramide in vetro. A quell'appuntamento Laure e le altre non si presenteranno. Al ragazzo resterà il ricordo di tre giorni di arte, cultura e promesse di felicità che sposteranno l'asse della sua vita proprio li, tra gli alberi di Boulevard Saint Germain e gli impressionisti al Jeu de Pomme (Orsay ancora non era un museo). Di Laure gli resta l'immagine del taxi che si allontana nella fredda notte parigina di inizio aprile 1984.

giovedì 13 marzo 2014

Io Resto. Dal capitolo 21. "Il nuovo respiro"

 Il mio sentirmi diverso dagli altri lo avverto solo come la singola pennellata di un colore specifico e particolare nel progetto di una grande tela. Quale sia il soggetto di questa tela e chi sia il pittore a me non è dato sapere, ma adoro esserne parte e farò di tutto affinché la mia traccia non si perda assieme a mille altre esattamente uguali. Perché da vicino tutti siamo unici e diversi, ma ad osservarci da una certa distanza non è più la nostra peculiarità che ci identifica, quanto il nostro contesto complessivo circostante. Nel dettaglio potrò essere una ricurva pennellata di nero, piuttosto che un punto di giallo chiarissimo o due striature di indaco. Ma ad osservarmi prendendo una certa distanza apparirò nel mio vero significato. Sarò l’ala di un corvo sul campo di grano di Auvers, il bagliore della stella polare in un cielo di Giotto, il riflesso di una nube sull’acqua tra le ninfee a Giverny.


mercoledì 12 marzo 2014

Lover of the Light

Ancora un treno, ancora un viaggio. Come ogni settimana, ormai. Trenta minuti di ritardo sull'orario, molti di più sulla mia vita.
Ad ogni mio nuovo respiro ho l'anima squassata da sensazioni grandi e contrapposte. Queste contrapposizioni non sono le une contro le altre, ma ciascuna è indipendente e tutte dominano su piani diversi. Vi sono luci bellissime in questo tramonto di marzo in cui vorrei cullarmi. Vi è un'oscurità che avanza inesorabile in questa sera, a cui non ho i mezzi per oppormi.
Amo le utopie che idealizzano gli sprazzi di colore che vengono per illuminare la precarietà del nostro vivere.
Ho l'anima scura ed un cuore caldo e acceso. Cerco la luce. Anche stanotte.

Cielo Marzo 84

In questo strano museo ci sono stanze dagli aspetti più singolari. Alcune di esse, in realtà, sono allestite in spazi aperti. Sopra alle nostre teste si materializza un cielo di marzo. Un marzo non freddo ma spesso piovoso. Nubi dense ed in continuo movimento. Un ragazzo di diciotto anni cammina spedito sotto questo cielo che a tratti lacrima aghi di pioggia fredda. Il passo del ragazzo è fiero nello sfidare questo clima ostile. La fronte è alta e rivolta verso le gocce di pioggia. Il suo pensiero si fissa più in alto ancora, sopra le nubi che osserva, proiettato nel viaggio che di li a pochi giorni dovrà compiere.
Una musica dal ritmo serrato e ripetitivo, dai toni oscuri e dai riecheggi decadenti, scandisce i suoi passi. Non vede l'ora di essere lontano da casa, lontano da tutto ciò che conosce, lontano da questa attesa per una felicità che germoglia sempre ma non fiorisce mai. Affonda le mani nelle tasche del suo impermeabile scuro, sospira e scambia il suo sguardo nuvoloso con quello delle ragazze che incrocia, in transito su altri pianeti a cui, non senza rimpianti, lui non approderà mai. 
La signora dell'ufficio anagrafe lo guarda strano consegnandogli la carta d'identità. Sarà il sorriso appena accennato od i modi gentili ed asciutti, così inusuali in un ragazzo di quell'età, a farlo sentire diverso ed osservato. In quel pezzo di carta coi timbri comunali c'è il ponte verso l'orizzonte della novità. La terra straniera e sconosciuta, anche se per pochi giorni, ha il fascino delle Indie per Colombo. Nel passo deciso di rientro a casa il ragazzo é inconsapevole del fatto che tante cose che accadono attorno a lui in quei giorni condizioneranno fortemente la sua vita anche oltre vent'anni dopo.
Intanto l'attesa per la partenza ha qualcosa di surreale nel suo iperrealismo. Ogni dettaglio è curato, ogni aspetto è programmato. La sera sale sino ad una mezzanotte di aprile, quando il viaggio ha inizio. 
Musica nella notte, sogni e neve sulle alpi. Nastri d'asfalto lucidi di ghiaccio riflettono le luci gialle dei lampioni stradali. I primi bagliori dell'alba accompagnano l'autostrada nella giusta direzione verso nord, indicata dai cartelli stradali scritti in un'altra lingua.
Il cielo ė grigio e piatto, quando la campagna sterminata lascia posto ad una periferia anonima, per quanto viva. Nel finestrino appare un cartello che segnerà la vita di quel ragazzo da quel momento in avanti. Sul cartello campeggia una sola scritta: "Paris".
E li si apre un'altra sala...

lunedì 10 marzo 2014

In between

Quanti giorni ho trascorso aspettando? Davvero un'infinità. In alcuni casi non ero nemmeno così consapevole di cosa stessi attendendo, ma tante volte, invece, avevo chiaro in mente un pretesto che meritasse l'attesa. In fondo, in certi casi, aspettare non era altro che vivere un lunghissimo sabato del villaggio che in rarissimi casi, però, sarebbe sfociato in una vera domenica, ma prima non è dato sapere.
L'attesa è spesso stata da me correlata al tema dell'amore. Ne sono testimoni le giornate intere trascorse a contare le ore che mancavano al successivo incontro, alla telefonata, al messaggio che avrebbe dato respiro e luce alle attese successive. L'amore è l'attesa che qualcosa accada. Un gesto, una parola, una promessa (anch'essa portatrice intrinseca di un'attesa).
Il tutto è assimilabile alla preparazione prima di un viaggio. Sai cosa ti piacerebbe vedere, ma non sai cosa ti riserverà la navigazione. E il naufragar mi è dolce in questo mare...

domenica 9 marzo 2014

Cinema club

C'è un posto, in questo museo, dove le immagini scorrono continuamente. Le pareti di questa stanza sono formate da immagini in movimento dei film visti, vissuti ed amati. I riquadri di ciascuna si affiancano, si sovrappongono, si susseguono, come se appartenessero non più a migliaia di opere, ma ad una sola pellicola. La mia.
In alcuni frame vedo un bambino piccolo, di sera, in pigiama, seduto sul pavimento di una sala a guardare film di cui capisce solo l'aspetto esteriore, ma che per nonni e genitori sono l'espressione del loro tempo, della loro vita riemersa da una guerra che ha azzerato le loro esistenze. Rossellini, De Sica, Visconti, Fellini sono nomi che per quel bambino non assumono ancora quell'aura di sacralità che acquisiranno più avanti.
Poi le immagini divengono colorate, ma il bianco e nero, per quel bambino divenuto adulto resta un linguaggio familiare e amatissimo. L'arte di Jean Renoir riesce a mettere in quelle sfumature di grigio - e nella genialità della profondità di campo - la stessa capacità di emozionare che suo padre Pierre Auguste metteva nelle sue tele. Ed i grandi messaggi emergono da quelle opere: dal pacifismo della Grande Illusion al nichilismo frivolo della Regle du Jeu, che annuncia la tragedia della seconda guerra mondiale attraverso la denuncia dell'incomunicabilità tra uomini e donne, tra classi sociali e tra generazioni, fatti che trovano il loro epilogo solo attraverso la sopraffazione.
Quelle immagini sono per quel ragazzo un manifesto esistenziale ed uno stile narrativo paradigmatico.
Poco più avanti lungo questa parete trovo Orfeo di Cocteau ed il suo successivo Testamento onirico. La poesia si fa carne e la carne trasfigura in sogno nel suo divenire film, ovvero sogno collettivo.
Quel ragazzo ormai uomo si chiede se sarà mai capace di esprimere qualcosa di tutto quel fiume in piena che gli scorre dentro.
Francia, Francia, Francia. Il cinema è nato li e li ci sono i riferimenti. Francois Truffaut, Eric Rohmer, Louis Malle, Alain Resnais proiettano sulle pareti i tratti della Parigi assorta a riflettere sulla bontà di un testo da scrivere, su un copione da assemblare, su un'esistenza da vivere.
Le immagini si susseguono senza fine. Vale quasi la pena di fare ancora un giro per questa stanza... Ogni immagine passa e va a 24 fotogrammi al secondo verso le pareti vuote di ciascun sognatore...


venerdì 7 marzo 2014

Souleiado

Troppo semplice trovare il calore nel sole alto in cielo. Troppo banale sentire la dolcezza nello zucchero e l'amarezza nel rimpianto. Altra cosa è quando un raggio di sole attraversa le nubi bucandole dopo la pioggia e sfida, sorprendente e sfrontato, l'oscura cappa della tempesta. Lo chiamano Souleiado, in provenzale e così lo chiamerò io. Inatteso Souleiado...