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lunedì 27 gennaio 2014

Frammenti di Parigi - In taxi a Saint Germain

Un sole bagnato di riflessi madreperla sulle pietre degli abbaini davanti alla Gare de Lyon. 
Il vento ci accoglie con un battito di ciglia di primavera alle cinque del pomeriggio. 
Un taxi stagionato ci spara nel flipper del traffico fatto di attese, di viali, vetrine spente e persone accese nel loro percorso invisibile che conduce alla fine di un giorno qualsiasi. 
Piccolo caos visivo, l'insegna di un ristorante si illumina, due ragazzi abbracciati camminano, lei ride, a lui basta guardarla per incendiare il suo sguardo... Dietro l'angolo li aspetta una folata di vento che gonfierà gli impermeabili. 
E poi il fiume, dietro l'angolo c'è il fiume. Il ponte ci disegna una prospettiva doppia. Da un lato le chiatte in ordine sparso lasciano respirare un passato dal fiato cortissimo, schiacciato dalla prorompente sagoma del ministero delle finanze che domina il fiume con la tracotanza del potere e la bella arroganza della gioventù. Li dietro c'è Bercy. Bercy è domani sera. Dall'altro lato il profilo pungente di Notre Dame si incolla ai miei occhi attraverso i vetri del taxi e si modella in uno spazio crescente, arricchendosi di dettagli metro dopo metro, albero dopo albero, marciapiede dopo marciapiede. Il serpente di traffico che striscia sul quai con aria decisamente scocciata e nervosa non turba il mio stato di grazia. 
"Sei contento, vero?" mi ha chiesto lei prima, mentre aspettavo il taxi. "Si vede?" mi sono limitato a rinchiudere la risposta in un'altra domanda. 
Place St Michel. I bar di un tempo hanno chiuso, ora la bella Perigourdine smercia pizza discutibile quanto anonima. Ma il Quai des Grands Augustins ha ancora il fascino un po' paesano. Conosco la musica. Conosco la strada. Sembra quasi di rientrare a casa dopo una giornata di lavoro. Una lunghissima giornata. E' durata un anno e mezzo, questa volta. Le casse dei bouquinists sono chiuse. Saluto il Pont des Arts. Le arti che non mi avranno mai, pur essendone posseduto. A sinistra Rue de Saintes Peres. I Padri che camminavano mille anni fa riflettendo, lungo la cinta dell'abbazia di Saint Germain. Qui ogni angolo di casa riflette un ricordo e proietta una storia, ogni sguardo emette un piccolo silenzio dietro al quale si nasconde un universo sconosciuto ma non inviolabile. Il tassametro si azzera sul boulevard, a un passo dalla Rue Saint Benoit. 
Davanti alla Hune, la libreria incastrata tra il Caffè de Flore e i Deux Magots penso al mio libro e annego la malinconia che mi scuote per un istante, gettandomi nel flusso, diventando a mia volta sguardo silenzioso e nuvola in viaggio. La chiesa di Saint Germain guarda e stupisce. Mille anni di nuvole. La meraviglia di tutto ciò è che ogni istante vissuto è un arrivo. E una nuova partenza.

Saint Germain des Pres - Marzo 2008

La memoria di un giorno...


Oggi è il giorno della memoria.

Ebbene: non dimentico. Anzi. L'unico modo degno per rendere viva la memoria sarà quella di non relegarla nei confini di un giorno.




sabato 25 gennaio 2014

Geometrie emotive

I tratti somatici della sofferenza sono simili ovunque. Così come quelli della feliicità. Descrivono un arco parecchio ricurvo che finisce per chiudersi in un cerchio perfetto. Come se la felicità nascesse esattamente da uno scostamento dalla sofferenza lungo la circonferenza di quel cerchio e viceversa. Nel cerchio dell'emotività, però, gioia e sofferenza hanno un modo di manifestarsi estremo che talvolta coincide: il pianto. È il centro di quella circonferenza. Estremo ed equidistante...

venerdì 24 gennaio 2014

Pioggia in testa...

Piccoli passi. Persone nella pioggia senza una meta apparente. Roma vive il suo inverno umido con indifferenza. Io non riesco a dare pace al mio perpetuo correre. Dove mi trovo, perché è con chi? Dove dorme il mio ego artista? Sta sonnecchiando sul ciglio di una fontana bagnata dalla pioggia. Poltrisce sul ciottolato di una piazza di pietra. Aspetta. Aspetta. Aspetta. Sono una persona che si definisce sottraendo i vuoti che debordano dalla mia anima. Parole. Fiori di pensieri. Sorrisi. Mondi diversi. Qui. Ora.

sabato 18 gennaio 2014

Ciò che ami di più

“Scrivere non farà di te un uomo ricco.Stimato, forse. Ma di una stima estemporanea che non renderà meno profondi i tuoi dubbi. Ammirato, talvolta. Da pochi, comunque. Soprattutto se l’inchiostro della tua penna dovesse sempre e solo partire dal serbatoio oscuro che sta dentro di te e le lusinghe dei gusti degli altri non dovessero condizionarti. Ai nostri giorni, dove tutto è mercato, la sincerità è un limite per avere successo. Se però sarai capace di ascoltare solo te stesso, potrai guardarti allo specchio senza veri rimpianti e dire che quella è la tua vita, tu ne sei il protagonista e – quello che più conta – l’autore. Ciò che ami di più non ti lascerà mai solo".

venerdì 17 gennaio 2014

Un dono

Un dono è qualcosa che arriva ad appartenerci senza che noi lo si richieda. Io ho sempre conquistato ogni cosa come conseguenza di uno sforzo notevole. Eppure c'è chi mi riconosce un dono. È per tutti quelli a cui posso regalare un pensiero, un'idea, un'emozione, che debbo farlo. Debbo scrivere, senza smettere di guardare dentro a questo mondo opaco e disgraziato per coglierne le trasparenze e le fortune. 

Ritorno da Roma

Ogni volta è una sfumatura diversa. Una striatura sfumata su una nuvola dipinta con un'altra tavolozza di colori. Ogni volta è un dettaglio che cambia, una luce più o meno intensa o definita. È questo passare da una vita all'altra che mi inquieta. Non mi ci abituerò mai. Il tepore romano contrapposto al freddo modenese. Questo perpetuo stato di precarietà che mi fa sentire sempre lontano da qualcosa...  Debbo essere sincero: non mi aspettavo di dover vivere tanto tempo nella capitale. Aggiungo: sognavo di vivere in una capitale, ma era Parigi e non Roma.
Sto imparando ad amare la bellezza crepuscolare romana, il suo fascino così umano perché così simile alle nostre debolezze. Necessito di tempo, spazio e tranquillità, per ogni cosa. Ma Roma ci ha messo poco ad imprimersi nella mia anima. Così, di fatto, ogni volta che ritorno da Roma, non ritorno del tutto.

giovedì 16 gennaio 2014

Aspettando Audrey

Aspettavo che venisse l'ora di dormire, ma più vedevo l'orologio avanzare verso il centro della notte, meno era la voglia di chiuderla lì e provare a perdere conoscenza.
Audrey mi guardava da sotto le grosse lenti nere e prometteva bene. Una cara ragazza Audrey, una vera maestra di eleganza naturale. Avercene, di muse come lei!

Attratto dalla foto sul muro, distoglievo la mia dedizione a ciò che mi proponevo di fare. Lasciavo che la mia mente volasse tra le pareti dai colori nostalgici dalla dominante sabbia e coloniale. La pagina voleva riempirsi, ma la mia mente non riusciva a sviluppare altro che un viaggio nel sorriso enigmatico di Audrey, che continuava ad aspettarmi là fuori, dove le parole costruiscono ciò che gli uomini non sanno vedere, ma leggere. Le pagine di un libro. Il mio nuovo libro.

Sarà una storia raccontata in bianco e nero ed ambientata tra un presente di successo, un passato cancellato ed un futuro che aspetta, fermo ed inesorabile, a tratti invitante sebbene enigmatico. Audrey mi aspetta là fuori. Io vado.