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martedì 27 dicembre 2016

L'ultimo gettone

"Siamo saliti in macchina convinti che durasse all'infinito e abbiamo cominciato a divertirci solo quando abbiamo capito che ci era rimasto soltanto un ultimo gettone da usare".
Da ragazzi, nelle rare domeniche al luna park, vivevamo una incredibile metafora del nostro esistere senza che ne riuscissimo a cogliere la lezione.
In pista, tutti allo scontro con tutti, dentro ad automobiline sgangherate e solo superficialmente scintillanti, si doveva sfoderare maestria nel districarsi dai gineprai di traffico creati da gente inebriata dal mettersi di traverso davanti a te. Il paradosso di tutto questo stava nel fatto che più botte si prendevano e più si rideva, ma si restava convinti che quell'ultimo giro sarebbe stato il più bello, quello memorabile. Dovevamo impressionare noi stessi, convinti che questo avrebbe potuto impressionare il mondo a cui ci esponevamo.
Una volta scesi si restava sospesi nel silenzio che stemperava gradualmente il frastuono di voci e di suoni che ci lasciavamo alle spalle. Si rientrava nel buio, nel quotidiano mormorio familiare, che sempre accompagnava il fluire indefinito del tempo. E in quel buio, in quel rinnovato torpore domestico, di tanto in tanto ancora oggi balena il crepitare di quelle voci, delle risate infinite di quell'ultimo gettone, speso nella segreta speranza che ve ne potesse essere un altro ancora. Anche uno soltanto. Sarebbe stato il massimo. Sarebbe il massimo ancora.





giovedì 22 dicembre 2016

Sogni

Vorrei conoscere la materia che produce i sogni. Vorrei capire da quale notte emergono, da quale naufragio sono scampati per presentarsi così inzuppati di realtà, vivi nel calore della pelle e inebrianti nel loro dolce profumo persistente, sebbene così distanti dalla riva del risveglio. 
Io sogno e dai sogni riemergono luoghi morti e persone amate come se fossero lì al mio fianco, ma apro gli occhi e rimane solo accesa la luce di emergenza a segnalarmi che non c'è più corrente, che sono al buio. Sento il profumo vivo in me, mi affanno per cercare di cogliere quel profumo, ma tutto sfugge. Sognavo, stavo sognando, ho sognato. Smettila di sognare. Finirà mai questa notte?







sabato 17 dicembre 2016

Tu resti

Lentamente cammino lungo il nastro di strada che si affaccia sulla notte fredda di un dicembre romano. Luci e festoni, ma non c'è gloria in questa storia. Tutto scorre e passa come un fiume in piena, che ci trapassa sorprendendoci inermi e lasciandoci attoniti.
E' la vita. E' la morte.
Restiamo spettatori di un passato prossimo a cui non è stato declinato un futuro e che dentro scalpita, ruggisce e reclama ancora ogni giorno un tributo. Un tributo fatto di silenzioso dolore, di sorrisi disegnati con l'inchiostro simpatico, di pensieri saturi di albe fredde e tramonti infuocati trascorsi a fissare un orizzonte di cartapesta. Mano nella mano si sciolgono le promesse fatte e gli atti vanno a negarle. Ma non si possono cancellare i fantasmi: ci accompagneranno per sempre.
E da fantasma camminerò ancora e camminerò a lungo. Mi sfinirò di questi scorci di infinita bellezza. Berrò ogni ricordo e, ubriacandomene, brinderò al vuoto che mi rincorre e che finirà per agguantarmi.
Passo dopo passo, parola dopo parola, questa belva mi azzannerà, stordendomi ancora più con le espressioni vane di chi ha amato follemente. Amare è una cosa crudelmente seria.
E così, senza più sorrisi, attraverso ancora una Roma che sembra fregarsene di tutto e di tutti, certamente di me. Io e le mie parole ce ne andiamo così, trasfigurando nel silenzio interiore. Io e le mie parole perdiamo forza e colore. Noi ce ne andiamo, ma tu resti ancora e sempre. Dentro di me.




mercoledì 30 novembre 2016

La sublime ossessione

«E comprendevo l’impossibilità contro la quale urta l’amore. Noi ci figuriamo che esso abbia per oggetto un essere che può star coricato davanti a noi, chiuso in un corpo. Ahimè! L’amore è estensione di tale essere a tutti i punti dello spazio e del tempo che ha occupato e che occuperà».

Marcel Proust, “La prigioniera”

L'amore, l'idea stessa di amore, è un atto involontario del nostro spirito. Passa attraverso il cervello ma non matura in un'idea razionale e finisce per occupare ogni spazio di cui l'anima dispone. Quando l'idea di amore diviene razionale in realtà è già altro. L'amore razionale, quello per così dire "consapevole" in realtà è una delega che assegnamo all'altro per compensare ciò che non troviamo in noi. "È bello sapere che ci sei" si dice.
Ma l'innamoramento e l'essere innamorati è un atto di assoluta irrazionalità, di puro istinto e di totale dedizione all'altro come fosse parte di sé, come elemento fondante dei propri giorni e dei propri pensieri. È un'ossessione sublime a cui non si può opporre resistenza ma dal cui ricordo è ancora più difficile staccarsi. Quindi non è sbagliato pensare che l'amore folle, quello degli innamorati che fissano il vuoto tutta la notte pensando all'altro, quello di tanti inizi, sia comunque un taglio che lacera l'anima e per il quale cerchiamo una cura, nel tempo, attraverso la ragione, attraverso l'abitudine ed il conforto sociale. Nel paradosso della meraviglia della vita che prevede ineluttabilmente la sua fine, si inquadra il paradosso dell'amore che brucia e ci lascia le cicatrici che tentiamo di curare con la nostra quotidiana commedia umana.







giovedì 24 novembre 2016

Il fiume

A ben guardarla, l'umanità, rappresenta se stessa come una massa priva di un'apparente coscienza individuale, quando in realtà ciascun elemento di essa vive nel proprio totale individualismo, nella propria oscura logica, nella propria ostinata ricerca di una felicità sempre in saldo negativo. Molti cercano spazi dove collocare, circoscrivere e definire la propria felicità senza considerare che essa è priva di materia e incontenibile anche quando possa essere descritta. Il tempo, poi, fa il resto e scioglie le briglie portandosi via tante parti che consideravamo stabili e inamovibili nella nostra vita. 
Questo fluire incessante di cose non ci permette di guardare al domani con l'arroganza di sapere dove sia collocato e se esista il Castello delle Certezze. Quello che mi stupisce ogni giorno, è il vedere come questa umanità butti tanta parte di una sua possibile felicità a costruire steccati, con l'ambizione assurda di conservare qualcosa che non resterà mai a prescindere degli sforzi compiuti. La vita è un fiume in costante movimento che non possiamo arginare con le nostre mani, ma nel quale dobbiamo imparare a nuotare, a tuffarci e dal quale farci trasportare, a tratti, senza dimenticare che la foce può essere ovunque, ma ovunque, lungo quest'alveo, può esserci parte di tutto ciò che, consapevoli o meno, cerchiamo.


venerdì 18 novembre 2016

La chiamata

Non so dire davvero quando sia successo, ma è successo.
Le cose premevano dentro di me con un'energia che non ho saputo più controllare ed ho incominciato a scriverle. Il senso della scintilla è racchiuso tutto nella precarietà dell'esistere e nella consapevolezza di ciò che matura senza seguire un percorso lineare, ma esplode dentro all'improvviso. Ho aperto le palpebre per osservare il mondo circostante e nulla mi rappresentava veramente. Ho sentito il bisogno di disegnarlo e, così facendo, di disegnarmi. Le luci di un'aurora boreale ti impongono anche notti bianche nelle quali non puoi permetterti di rimanere ad occhi chiusi e trascorri ore ad osservare la luna e ad ascoltarne il respiro.
Una foto di Audrey era sulla parete della mia stanza a descrivere la possibilità di un raggio di sole anche in piena notte. E solo allora ho capito dove si fosse nascosto il sole, dove fosse l'errore della mia eterna attesa. Avevo cercato la luna a mezzogiorno. 
Ciò che si ha dentro vale infinitamente più di quanto il nostro involucro rappresenti. E quanto sia tendente a zero la distanza anche a centinaia di chilometri di distanza, quando due anime occupano uno spazio condiviso. Non c'è un momento per essere felici ed uno per attendere la felicità, c'è solo un viaggio da fare, tutti gli altri servono a moltiplicare i soli e le lune, a sorprendere di freschezza la nostra pelle indurita dal dolore.
Non sai mai esattamente quando comparirà la stazione, alla fine di quale vallata arriverà la città.
Ero a Firenze quando è squillato il telefono ed è comparso un numero di cellulare che non esisteva nella rubrica. Di solito, in questo caso, non rispondo. Specialmente di venerdì pomeriggio verso sera. Lascio lavorare la segreteria telefonica.
Ho sentito di voler rispondere ugualmente ed ho sentito una voce: era la mia vita che premeva dentro di me con un'energia che non ho saputo più controllare ed ho incominciato a viverla. Sono uscito dalla mia zona di comfort ed il mio strano museo ha aperto le porte a chi aveva posto la luce davanti al caos. E dal tutto alle sue macerie vi è stato il volo di un emissario del tempo che ha resettato tutto ciò che sapevo e sepolto le mie parole.
Non sono più lo stesso. Non sarò mai più lo stesso. 


mercoledì 16 novembre 2016

Nel Silenzio #2

Il silenzio è materia solida, concreta, che si può toccare con mano ogni giorno. Ne senti le asperità quando ti aspetti una risposta e non arriva, quando immagini che qualcuno possa spendere una parola per te e invece rimane muto nell'ombra o anche solo quando vorresti trovarne per cercare pace interiore ed invece, in quel vuoto, trovi solo rumore.
Il rumore che è in me è quello assordante dei miei pensieri che, nel silenzio esteriore, si accavallano ininterrotti ed inquieti, cercando alla rinfusa la loro via d'uscita o solamente un tranquillo angolo di oblio in cui decantare e morire. Ogni tanto li scuoto e provo a vedere cosa riemerge e, quindi, di quanto riemerso, cosa rimane a galla. Vedo spesso restare soltanto impronte e cicatrici, che nel silenzio si amplificano, diventando sordi crateri e desolate valli nel singolare paesaggio di un'anima sempre in cerca del suo orizzonte.






martedì 15 novembre 2016

Il codice

Ancora mi immagino, al ricorrere di certi istanti inquieti e di queste malinconiche pieghe del cielo, che il mio sentire sia stato tratto in inganno dall'illusione ottica di una possibile felicità. E ad ogni inganno, sempre più affondo. Forse sarà perché esistono occhi che contengono oceani immensi in cui immergersi e sorrisi che squarciano i cieli stellati facendo di ogni notte un'estate, ma quando percepisco quei segni, quando riconosco quelle voci e quei toni, quelle espressioni che mi entrano in risonanza col cuore, sento di nuovo di vivere nella Luce. È tutto parte di un codice di cui ho smarrito la chiave, ma al quale riconosco la mia appartenenza. E da quel modo di essere, dopo averlo sognato e vissuto, non posso più liberarmi, perché ha preso le mie sembianze. 
Io, in questo silenzio, non sono. E mi si spegne in gola l'urlo di quanto sia incompleto ciò che resta di me. Perciò raccolgo i segni di questo schizzo e provo a definirne i contorni con la matita amara del tempo. Apparirà di nuovo il mio volto. Nessun segreto può durare troppo a lungo.


domenica 6 novembre 2016

Per un filo d'erba

Cammino sempre più in solitudine. Maestro di nessuno, sostegno a fianco di pochi, discepolo del tutto che giunge sin qui, ora, in me. Non ho risposte vere, solo mille domande sospese. Non ho pensieri assoluti, solo gocce di pioggia che mi scorrono dentro, incessanti e incuranti, persino nelle giornate di sole. Piove ancora in questo mio nuovo novembre. Sento la fisicità del tempo che trascorre pulsando nel mio cuore stanco, che ad ogni battito ripete: "E allora? Cosa ti ostini a cercare?" "Cerco il mio tempo che ho smarrito vivendo" rispondo "E non so più bene dove cercarlo". Accelero allora il passo e sbatto le ali senza riuscire a prendere il volo. Ma mi volto e riparto, non mi arrendo al grigiore dei cattivi maestri. Ascolto cadere la pioggia e mi ostino a imparare. Imparo ogni giorno qualcosa da ogni goccia di pioggia, da ogni insetto e con la stessa naturalezza cerco di condividere il tutto col mondo che mi osserva senza vedermi. Vorrei diventare concime per la felicità di un filo d'erba. Cadrà la neve a proteggerci e a farci fiorire di nuovo. 


giovedì 27 ottobre 2016

Piccole luci

Pioggia a dirotto sulla terra che trema. Cammino nelle luci di questa città inerme e l'acqua a scrosci penetra i miei pensieri. In strada, lungo il mio cammino, incrocio gli occhi che regalano il nome a un personaggio del mio romanzo. Scambiamo due parole. Piccole luci balenano nel buio di questa calda notte d'ottobre. Sorrido, nonostante tutto ciò che in me lentamente crolla. Non c'è più quell'io di prima, quello che cercava stabilità ovunque. Tutto evolve, tutto muove in questo flusso incessante di cambiamento. E in questo scenario in cui mi sento un numero fra tanti, volgo il mio sguardo verso la sola luce di questi giorni. Ne colgo il privilegio e mi asciugo l'anima lentamente, aspettando e desiderando furiosamente che il riposo mi possieda, dopo oltre venti ore di lavoro e di veglia. Arriveranno altre parole. E la speranza di altre piccole luci,







mercoledì 26 ottobre 2016

Il salto

«Lo sai, mettersi ad amare qualcuno, è un'impresa. Bisogna avere un'energia, una generosità, un accecamento… C'è perfino un momento, al principio, in cui bisogna saltare un precipizio: se si riflette non lo si fa. Io so che non salterò mai più».
Jean Paul Sartre, “La nausea”

Rileggevo poco fa le parole di Sartre e riflettevo sulla loro stupenda aria tragica, mentre scrivevo qualche riga del mio libro che lentamente avanza. Sto scrivendo di un uomo che vuole rialzarsi ma che non sa come farlo. E non pensa di mettersi ad amare qualcuno. Mettersi ad amare qualcuno è un "qui e ora" supremo ed è quanto di più vitale appaia nel destino di un uomo. Eppure, in questo richiamo al presente, esiste una proiezione di sé in un futuro sognato difficile da vedere per chi è appena caduto. 
In fondo cosa desideriamo davvero quando amiamo qualcuno? Cosa ci spinge a saltare nel vuoto, a rischiare tutto ciò che abbiamo e che siamo? Forse solo la voglia di abbattere il silenzio in cui le nostre anime si agitano inquiete o la voglia di sancire una corrispondenza rara come i passaggi delle comete. E nel tragitto stellare che percorriamo compiendo quel salto, c'è tutto il senso e il valore del nostro viaggio, così votato all'irrazionalità da farci sentire in quegli attimi i soli esseri viventi in un universo che resta come sfondo, popolato da un'umanità distante, forse nemmeno vivente. Ma Icaro sempre si avvicina troppo al sole e le sue ali svaniscono, il salto si spezza e le cadute portano allo sconforto e alla nausea che ti fa dire "no, non salterò mai più". 
E allora sorrido, perché quella nausea, pur comprendendola, non appartiene né a me né all'uomo di cui scrivo -non ancora almeno- e mi affaccio sul precipizio quotidiano serenamente, lavorando, parola dopo parola, per costruire altre ali.




venerdì 21 ottobre 2016

Dies irae Des-ire

Non mi rassegnerò mai alla mediocrità della vita che passa solo perchè debbono trascorrere i giorni. Non mi arrenderò nemmeno allo sbiadito pensiero prudente che nasconde, dietro al paravento di una presunta saggezza, la paura della conseguente quasi certa inadeguatezza. Non mi adeguerò alla sciatteria delle menti che non sanno più desiderare. Non accetterò nemmeno che si possa guardare alle cose, qualunque esse siano, con pregiudizio.
Da subito voglio riempire i miei giorni di positiva follia, di desiderio e creatività, di giudizio non giudicante, circondandomi di menti aperte, acute e capaci. E se farò questo volo da solo vorrà dire che sarò pazzo davvero. Ma se troverò persa in cielo una luce, la porterò in me verso la volta di stelle, per accendere uno spicchio di notte a tutti coloro che sanno ancora cosa vuol dire sognare.



mercoledì 19 ottobre 2016

Veglia

La vita è più semplice se la si osserva anche con occhi diversi da quelli che siamo abituati ad usare. Nulla è improponibile se proviamo a varcare la soglia che va oltre il nostro vissuto. 
Ebbene si: non esiste solo ciò che conosciamo. Spostiamoci un passo più in là e troveremo uno sguardo diverso, una nuova speranza, un possibile affaccio sulla nostra felicità. Il nostro essere unici è la chiave per aprire le porte. Non appoggiamoci mai sul comodo divano degli stereotipi, si cadrebbe in una veglia torpida chiamata abitudine dalla quale ci si sveglierebbe comunque troppo tardi per vedere sorgere il sole.




martedì 18 ottobre 2016

Luna nuova

Il tempo non si può raccontare veramente, perchè è quanto di più immateriale caratterizzi le nostre vite. Nonostante questa chiara percezione, ciò che ci rimane di questo concetto è solo il suo contenuto. Il tempo è ciò che facciamo per farlo trascorrere. Così ho speso lunghe ore ad osservare la luna seguendone il ciclo. Ho visto nascere una falce che accennava un sorriso e l'ho seguita nel suo crescere lento, pulsante ed assoluto. Raggiunto il suo pieno, il suo scopo, la sua destinazione al centro del cielo, l'ho vista svanire e confondersi all'arrivare delle luci del giorno. Il vuoto nel cielo lo chiamano luna nuova. Ma di nuovo non c'è nulla. C'è solo un vuoto che parte alla ricerca il suo pieno. Un tempo che come un singhiozzo pare sospeso alla ricerca della sua destinazione, nell'attesa di una nuova notte e di una luna in cielo che illumini la nostra via.




venerdì 14 ottobre 2016

Sotto l'altare

Nessun pensiero oscuro. Nessun rancore. Taglio l'aria fredda di questi giorni certamente deluso da tanto e da tanti, in fondo un po' da me stesso che ancora mi ostino a cercare una via in un istituto per ciechi. Ma non sono certo meno convinto e consapevole che esista la luce, una luce della quale gli uomini non sanno cogliere nemmeno i riflessi. Troppe sovrastrutture, troppi vincoli, troppe ipocrite imposizioni nascondono la nostra possibile felicità sotto il tappeto ormai stantio di un presunto bene dovuto. Ma se ad ogni dovere corrisponde un comando chiediamoci sull'altare di quale bene superiore sacrifichiamo la nostra fragile, intermittente e crepuscolare felicità?



mercoledì 12 ottobre 2016

Uscire

Cristallizzo i pensieri in un susseguirsi di immagini. Non ho più voglia di attendere. Non ho più il tempo di attendere che arrivi il domani, lo debbo anticipare. Perché scrivere? Perché un romanzo ancora? E cosa debbo raccontare che già non sia stato detto, letto, mangiato e digerito? 
Vorrei possedere la conoscenza e la sapienza per scrivere saggi. I saggi sono monumenti che danno un'impronta al nostro paesaggio. I romanzi sono le case in cui viviamo. 
Dentro di me sento parlare le storie degli uomini. In me comanda un umore sempre mutevole e la mia quota di razionalità la riservo tutta al mio essere sociale, quello che respira e ha buon senso, quello che sopporta e guarda avanti, quello che gestisce e tenta di rispondere alle mille aspettative degli altri. Ma nella vita, appunto, c'è altro. E questo altro è negli altri. Nella mia vita ci sono altre vite, ci sono persone che passano ed altre che restano, ci sono libri che entrano dalla porta e non escono più. Ci sono storie che passano dentro e che debbono uscire. E questo è il tempo di uscire.




venerdì 7 ottobre 2016

Personaggi e Autori

Cosa resta di questo silenzio? Cosa rimane delle frasi interrotte, delle parole non dette? Rimane quel senso di sospensione che rende il tutto indefinito e, dunque, infinito. Ma l'infinito è un sentire proprio dell'amore, qualcosa che nasce nei silenzi di questa umanità rumorosa, caotica, legata all'ossessione cieca della sua scadenza e incapace di liberarsi dai cardini del vivere quotidiano in un intarsio di costrizioni e ricatti sociali risibili agli occhi di chi vede veramente. 
Dichiarare il proprio smarrimento nella speranza che qualcuno si metta alla nostra ricerca, fa sentire naufraghi all'ultima bottiglia, pionieri abbandonati su una pista deserta. Bisogna dunque trovare la forza, il tempo ed il modo per tirare fuori da noi tutto il non detto dandogli consistenza. Non lasciare che un'intenzione non diventi un tentativo, ma si traduca in qulcosa che possa diventare nutrimento quotidiano per sè e per gli altri. 
Se la misura del proprio esistere la si prende col metro del giudizio altrui si sarà sempre personaggi e mai autori. Ed invece ciascuno di noi, per dare pienezza al proprio esistere deve diventare autore di qualcosa di proprio, di qualcosa che non tema la scure di chi si veste da giudice solamente perchè non conosce davvero la stoffa degli uomini liberi. Chi è inquadrato è nel mirino. 




domenica 2 ottobre 2016

Nel castello incantato

Un castello incantato. Un vero labirinto fatto di volti, di incontri e di parole. La vita scorre in questo dedalo di corridoi saturo di porte che attraversiamo per sbarcare in stanze luminose affacciate sulla speranza o altre inquietanti dalle quali proveremo poi a scappare al più presto. La curiosità di vedere cosa appare oltre la prossima porta, ci conduce comunque sempre altrove. Altre volte, quando ci troviamo immersi nell'atmosfera di un ambiente che ci fa stare bene e che ci dona conforto, dobbiamo comunque partire. E la porta ci si chiude alle spalle, con un rumore sordo e definitivo. Le uniche regole di questo castello, infatti, dicono che non si può ripassare mai nella stessa stanza e che una porta chiusa non si riapre mai sulla stessa stanza. Un gioco impietoso. 
Tutto questo nostro affannoso cammino, questa ricerca continua di una stanza migliore, di una vera speranza, di una felicità che abiti in qualche passaggio segreto, di un nuovo luogo da raggiungere tra le migliaia, ci conduce comunque all'unica uscita. A quel punto non ci resta che affacciarci sul vuoto e imparare a volare.






martedì 27 settembre 2016

Autostrada Autunno Notte

Le luci precipitano nella mia mente veloci come il riflesso dei fanali sulle pupille. Viaggiano in direzione contraria. I giorni del calendario scivolano via in una lunghissima notte del tempo e si perdono nella profondità dei ricordi. 
Nulla rimane di ciò che è stato tranne il vivido profumo di ciò che è perso. Attorno a me macerie e pensieri frammentati in un caleidoscopio di traiettorie umane imperscrutabili. Ma non importa. Siamo forse nati per essere semplici e felici?
Siamo forse nati per ricevere quanto doniamo di noi stessi? Quante corsie corrono in un senso e quante nell'altro? Ripeto: non importa. La strada rimane impervia e nascosta, ma è il solo viaggio che abbiamo e del quale restano solo piccoli fuochi di autunno.
L'orizzonte si nasconde alla notte, ma io lo troverò, alla fine dell'ennesimo solstizio del caos.




giovedì 22 settembre 2016

Via Margutta

Abbiamo tutti nell'anima una strada, vera o immaginaria, che significa tanto per noi. Una strada che percorriamo ogni volta lentamente con gli occhi spalancati e sorpresi di un bambino che sogna. Una strada al riparo dal caos dove la bellezza ti avvolge e ti accompagna, mano nella mano, verso la parte irrazionale del tuo esistere, la parte in cui ciò che vorresti per te ha la meglio su quello che gli altri si affannano ad importi. Una strada dove i tuoi occhi possono vedere l'altra tua vita, quella che ti scorre dentro e dove capisci che i sogni possiedono i luoghi in cui si materializzano. Così ogni volta la percorri in compagnia del tuo Demone e del tuo Amore, ne osservi le luci, le finestre antiche, le edere rampicanti ed i cortili interni che silenziosamente, dietro ai cancelli socchiusi, ti parlano d'altro. Non di città ma di esistenza. E se ti siedi per caso a un tavolino, da lì ripasserà il tuo pensiero ogni volta che avrai voglia di ritrovare ciò che sei. È un luogo magico e, per tanti, immaginario. 
Per me esiste davvero ed è Via Margutta a Roma.



mercoledì 21 settembre 2016

La carta vincente

Alla quinta email mi fermo. O è la quindicesima? A chi debbo scrivere ancora? Certamente ne ho dimenticata qualcuna. E soprattutto: quando scrivo, chi sono? Quale delle mie anime estrarrà la carta vincente e si farà viva? Saltare da un seminario politico ad uno tecnico, per poi guardare questioni amministrative e avere ben chiare in testa le parole del romanzo letto ieri sera e quelle che vorrei scrivere stanotte nel mio, ripensare alle massime riportate da un filosofo e che ho sentito mie quanto il mio stesso nome, il tutto senza perdere mai l'equilibrio, il senso della mia propria identità. Il padre, il professionista tecnico, il politico disilluso ma mai arreso, lo scrittore sottoterra (underground), l'amico fedele, l'eterno marito, il filosofo da retrobottega, l'invincibile sognatore, il dispensatore di sorrisi e lacrime più a buon mercato che conosca, l'innamorato permanente, il grillo parlante che ronza come una zanzara per il fastidio di chi non vuole sentirsi dire le cose, il pacificatore delle diatribe più inutili... che abito metterò nei prossimi minuti? Io non sono certo per tutte le stagioni, eppure sono indissolubilmente tutti questi uomini ad un tempo e molti altri ancora e nessuno di loro rinnega nessun altro. Questo rende la mia vita ricca e, in un certo senso, felice, anche se ciascuna luce conosce benissimo la propria ombra. E combattere con tutte queste ombre diverse talvolta è troppo faticoso. E vorrei essere altro. Vorrei essere soltanto luce e calore, sorrisi e felicità da dividere con tutti coloro che ne vogliono un pezzo al solo prezzo dell'onestà. La moneta di cui tutti vantano grande ricchezza, ma che pochissimi sono disposti a spendere.





domenica 18 settembre 2016

L'infinito

Amo i verbi all'infinito, perchè teorizzano un'azione lasciando la libertà di coniugare e declinare un'intera tavolozza di toni sfumati, di possibilità di collocazione e ricollocazione di quest'azione nei tempi e tra le persone.
Così mi imbarco ancora oggi per un viaggio verso l'ignoto del foglio bianco fissando questo tempo presente che si incendia all'orizzonte, modellando questa materia a mani nude, cercando di plasmarla in un passato felice. 
Scelgo con cura i miei verbi, le mie azioni e ad una ad una le rendo vive, attuandole. Costruendo silenziosamente ciascuna delle vite che vivo (e sono tante!) tra compagni di viaggio invisibili, sirene irresistibili, isole fantasma e amici disposti a tutto per distruggermi.
Ho sempre amato troppo per non restarne dolorosamente ferito. Amo le profondità di acque che non si trovano ovunque. Amerò sempre la semplicità di un tramonto in grado di rifiutare la banalità del giorno, E non mi perderò lungo questa rotta che ci conduce verso un'isola che non c'è. Sognerò molte lune ancora e ancora altri mondi. Ne respirerò le speranze e i profumi. 
Quando il mio guscio di noce riapproderà in porto, getterò l'ancora. Fisserò quel tempo che fu un futuro e divenne poi un presente, nell'archivio del mio passato. 
E dopo tutta questa tempesta il verbo tornerà all'infinito. Voce del verbo amare.




venerdì 16 settembre 2016

Scrivere Pensare Pensare Scrivere

Chiuso nel silenzio di questa stanza anonima, mai la stessa e sempre uguale, mi ritrovo solo a costruire mondi da forgiare nell'inchiostro. Risulta impossibile svestirmi l'anima dai ricordi che l'avvolgono, così come mi appare irreale guardare verso lo specchio e non vederti. Tuttavia le mie parole nascono ancora, crescono e la storia si snoda. 
Non sarò originale. Non sarò divertente. Non sarò niente. O sarò tutto. Non mi importa. 
Non vendo nulla, né pontifico sui destini dell'uomo e dell'universo. Non ho verità da imporre né puntini da interporre. Non giudico mai, ma valuto sempre. Valuto se lo sento mio, se mi suona bene, se tutto questo ha un senso e se questo incidentale susseguirsi di pensieri produce la scossa che mi regala emozione. Se questo è il seme che può far crescere altrove altrettanta emozione. 
Eppure quante frasi ho cambiato? Quante ne ho cancellate? Mi risulta impossibile maneggiare materia così fragile e delicata senza mettere in discussione ogni volta me stesso ed accarezzare il pensiero, dargli forma lentamente, facendolo crescere con la sua autonoma pigrizia, farlo giungere a galla, sulla superficie di un foglio, tante volte virtuale, col profumo dell'anima che lo ha generato mischiato a quello che lo ha ispirato. Scrivere è amare il pensiero, perchè dal pensiero passa tutto ciò che leggiamo.
Cambiare l'ordine di due parole può sembrare un vezzo ed invece può spostare il senso, il suono, il concetto, può creare collegamenti diversi e portarti altrove. Esattamente nel luogo in cui ero quando ho immaginato tutto questo e dove resterò sino a quando anche una sola persona sentirà fiorire in sé l'emozione seminata sul mio foglio.


martedì 13 settembre 2016

La chiave del cassetto

Forse è meglio non pensarci. Forse è meglio fingersi distratti da qualunque insidioso impegno catturato dal mostro sacro del dovere e guardare avanti. Perchè rendersi insonni e febbrili se la più straordinaria delle parabole luminose terminerà comunque nella notte? Perchè amare non corrisposti, scrittori non letti o pittori inosservati? 
Perchè la chiave di tutto il nostro esistere è la speranza. La speranza di una corrispondenza che ci colga ovunque e ci dia conforto e luce sul nostro cammino cieco.
Ma questa corrispondenza è rara quanto il transito di una cometa. Per il resto si naviga al buio. Buio fitto nel quale non cessiamo di dibatterci.
Ma dove finiscono le nostre parole? Dove finisce tutta questa energia che mettiamo nel dipingere il nostro sguardo sul mondo?
Voglio pensare che tutto finisca nel cassetto della nostra storia. Quel cassetto di cui tutti noi umani invochiamo l'apertura, ma che rimane per gran parte inaccessibile al mondo. La chiave, talvolta, viene persino smarrita. E può capitare che qualcuno, cercando la propria chiave, la trovi nel cassetto di un altro. Ma questa è un'altra storia.


venerdì 9 settembre 2016

Il confine

Al riparo nuovamente. Si apre un nuovo vecchio libro trovato martedì sera a Firenze. Il Potomak di Cocteau. Il primo romanzo, scritto circa 100 anni fa. La sua scrittura è viva e visionaria, fresca come se la penna si fosse appena alzata dal foglio. 
C'è qualcosa che unisce alcune anime lontane, una sorta di risonanza che vibra dentro come un richiamo e porta ciascuno al cospetto della parola dell'altro, del proprio insopprimibile riflesso che appare su uno specchio vuoto come un'immagine in dissolvenza. Arriva, sale, appare. Sempre più nitida e definita. Sempre più reale e meno sfumata.
Sento qualcosa in me verso cui tendere. Nella direzione di quella tensione che porta al confine tra arte e follia. Il confine dove vive la parte migliore di noi, quella che sconfigge la paura e il dolore, perché non appartiene alle sterili classificazioni del tempo. Quella della creazione e dell'Amore.


lunedì 5 settembre 2016

Noi

La luce delle parole conduce fuori da ogni notte, perché ci porta altrove. Non esiste dunque un dentro o un fuori da questo tunnel che è il nostro esistere. Viviamo in questo anfratto temporale che percepiamo come un immenso universo e l'Amore è il miraggio che tradisce lo sguardo, azzerando il nostro senso del tempo. Non c'è un traguardo per questo viaggio, solo il susseguirsi di stazioni assolate e di corridoi inzuppati di pioggia dove ci si consuma per nutrire altri viaggiatori. Siamo seme e terreno ad un tempo. Occorre dunque sorridere per somigliare agli umani? Certamente occorre non piangere per fingersi forti. Abbiamo un privilegio immenso che è quello di vedere attraverso cose e persone ciò che sostiene il peso del mondo. Tuttavia abbiamo un dovere improbo e spesso doloroso, in quanto accompagnato da un grandissimo senso di inadeguatezza, che è quello di essere degni di questo privilegio.



venerdì 2 settembre 2016

Luna

Vacanza.
Un vuoto di quotidianità. Un vuoto. Mancanza. Una notte senza più luna non accende il mio cielo e lascia altrove le stelle. E non accende il mio giorno nemmeno questo sole spento che ubbidisce al dovere di alzarsi, incurante su cosa. La solitudine di questo luogo non si riempie nemmeno con la folla vociante che mi passa accanto. Una foresta di rabbia che brucia nell'indifferenza. All'ultimo stadio le fiamme si estinguono e lasciano solo odore di spento. Lento il ricordo riemerge. Perché dovrei cercare e trovare parole? Forse per salvarmi dalla deriva di un oggi così vuoto di senso? Per sopprimere in me la voglia di altro che esiste, di altro possibile, di altro che solo il caos ha sottratto ai miei occhi?




«Date parole al vostro dolore altrimenti il vostro cuore si spezza».

William Shakespeare, “Macbeth”

giovedì 4 agosto 2016

Viaggiare

Amo viaggiare tra i libri alla ricerca di un colore per la mia giornata. Amo viaggiare tra le parole alla ricerca di un'emozione che mi stupisca. Amo viaggiare con lo sguardo spalancato sul domani, su un progetto possibile, su un futuro che abbia luce e meraviglia. Amo viaggiare nella mente alla ricerca di un'idea che dia dignità al mio esistere. Amo viaggiare nella vita senza chiedere dove, ma cercando sempre di donare me stesso. Amo viaggiare lungo i nastri infiniti di asfalto, trasportato dalla musica che mi accompagna, mi solleva, mi sbatte in aria e mi riprende a terra. Amo viaggiare senza tanto bagaglio, perché gran parte dello spazio è già occupato da tutto ciò di cui non possiamo liberarci: il nostro passato, il nostro vissuto, la nostra memoria, le sette meraviglie che ciascuno nasconde e le cento finestre sull'inferno che ognuno vorrebbe sigillare.
Amo viaggiare, anche se ogni giorno, ogni viaggio, è sempre più duro e difficile, perché sempre più grande è il peso di ciò che debbo portare con me e perché quel peso non lo si può dividere, perché è tutto dentro.  Buon viaggio, dunque. Buon viaggio, ancora.




mercoledì 3 agosto 2016

Perché


Perché restare imprigionati in questa stazione affollata di pensieri in viaggio verso il nulla?
Perché quel cane continua ad abbaiare solitario alla notte oscura senza luna?
Perché ostinarsi ad ascoltare il silenzio come se stesse per svanire?
Perché sentire ogni sofferenza umana come se fosse propria?
Perché ogni giorno mi porta sempre più lontano da me?
Perché la luce oggi svela ogni dettaglio da dimenticare?
Perché cercare l'ombra nel deserto?
Perché dare tutto non basta?
Perché fingere e fingersi?
Perché perdersi?
Perché?

martedì 2 agosto 2016

Le Parole di Niccolò

Uscendo da Villa Torlonia domenica notte, respirando l'odore della terra ancora calda dopo un giorno torrido e una serata dove ho traspirato ogni scoria residua, ripensavo alle migliaia di parole che avevo ascoltato nelle canzoni di Niccolò Fabi e come fosse straordinario il fatto che in quella semplicità di termini potesse concentrarsi una tale quantità di concetti ed emozioni. Mi sono così catapultato sul web a cercare i testi che avevo ascoltato e ho ritrovato un fiume in piena di poesia, musicalità ed emozioni. Emozioni che sono contrasti e vanno oltre la musica e si trovano anche solo nelle parole usate, nelle combinazioni di termini lontani, nella capacità evocativa dello scrivere. Ascolto da giorni quella musica in macchina ed è stupendo sciogliersi nell'emozione di quelle parole e riscoprire anche la bellezza delle lacrime. Bisogna avere un rapporto fisico con le proprie emozioni. E Niccolò ha questo talento stupendo di mostrarsi permettendo a noi di vedere gli angoli nascosti dentro noi stessi. Un vero regalo. E allora continuano a ronzarmi in testa le parole di una canzone che non ho ascoltato domenica sera, ma è come se fosse stata lì tra le pietre di quella villa storica, a proiettare il cortometraggio di uno spicchio della mia vita.

In un paese antico
sotto un campanile
mentre aprile
ti consegna alla pelle
il primo sole

o dentro una stazione
mentre tra la folla
osservi le persone
cercare una destinazione

sei nel centro
ed ogni cosa sembra ti stia intorno
sei davanti
e tutto il resto è soltanto sfondo

sei l'unica cosa che è a colori
mentre il resto è in bianco e nero
l'unica cosa che rimane a fuoco
quando sono senza occhiali

("Nel Centro")


E allora penso alla mia scrittura e a quanto sia universale ed ancestrale il movente di chi cerca di creare qualcosa, di come la nostra anima pascoli pigramente nel campo del pensiero e del sentimento, sotto un cielo che cambia alla velocità delle nubi in Bretagna, sino al compimento creativo. Perché è vero: 

...Le più lunghe passeggiate
le più bianche nevicate e le parole che ti scrivo
non so dove le ho comprate
di sicuro le ho cercate senza nessuna fretta
perché l'argento sai si beve
ma l'oro si aspetta

("Il negozio di antiquariato")









giovedì 28 luglio 2016

Love will tear us apart

Perché zittire le cicale che cantano oltre il riposo del sole? Ogni cosa ha il suo tempo e una sua regola logica, ma la Meraviglia compare solo quando si va oltre la regola, oltre la logica e si ritorna bambini inquieti,  poeti involontari ed eroi del proprio conflitto interiore. Non resta dunque che impregnare i nostri occhi di stelle e ascoltare il silenzio che resta, tra un fragore e l'altro del mare in burrasca che nascondiamo oltre l'ultimo faro. Non esiste un senso a cogliere il fiore per capire ogni volta che la sola bellezza risiede nel saperlo crescere, nel tenerlo vivo nel suo terreno ideale. La verità è chiara. Siamo creature volanti prive di ali e viviamo nel Caos che ci permette di sognare di averle. Combattenti per l'ideale che, in un modo o in un altro, ci distruggerà. Finché in silenzio, davanti a un caffè, dopo la mezzanotte dei giusti, la radio ti canterà la canzone e tutto ti apparirà chiaro. And Love... Love will tear us apart, again...








mercoledì 20 luglio 2016

Un saluto da Yorick

Sto pensando a quanto sia omologante Facebook che mi vuole "grato" e che invii un messaggio "urbi et orbi" sul mio compleanno di ieri.
Non è un social network il luogo dove esprimere gratitudine alle molte persone a cui debbo qualcosa. La gratitudine è un sentimento che non riesco a considerare "collettivo", ma lo sento riferito singolarmente a ciascuno in modo personale attraverso gesti concreti e, possibilmente, non solo parole.
Quindi qui riferisco solo del fatto che il mio compleanno di ieri sia stato arricchito dal pensiero di coloro a cui debbo un pezzetto della mia vita, della mia anima. Tanti sono presenti su Facebook e hanno voluto dedicarmi un pensiero o un augurio, altri hanno usato altri mezzi per farlo, altri ancora mi hanno totalmente ignorato. Tante sono le persone presenti nel mio vivere quotidiano, forse molte di più quelle che hanno attraversato il mio orizzonte e ne sono uscite lasciando eredità rigogliose e cicatrici indelebili in me.
Io continuo a vivere nel silenzio tra due parole alla ricerca della luce che si accenda negli occhi, nel silenzio del sole prima dell'alba.

"Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia"
William Shakespeare, “Amleto”



giovedì 14 luglio 2016

Una Sola Attenzione

In fondo cos'è l'amore se non un'attenzione? Quell'attenzione che ci si dedica e che toglie quel certo senso di inutilità alle nostre vite sature di cose e persone che ci scorrono accanto come paesaggi senza coordinate, dal finestrino del nostro treno che corre verso un traguardo senza premi. Milioni di cose e persone che non riescono comunque a riempire quel vuoto che abbiamo dentro e che resta lì ad aspettare, seduto al tavolino di un bar, quell'attenzione che fa cominciare tutto. 
Perdendoci insieme ritroviamo poi il senso di un esistere che, lasciato in porto l'entusiasmo della scoperta, ci trova dispersi al largo, navigatori esausti e saturi di sole domande. Dove finisce la mia attenzione? Dove finisce il mio tempo? Certo è stato bello credere che ogni vuoto avesse un suo pieno, che ogni domanda avesse una risposta, che ogni attesa potesse avere la sua ricompensa. Ma il vuoto resta, le domande pure e l'attesa non ha fine. L'attesa di una sola attenzione. 






mercoledì 13 luglio 2016

Io ti troverò

Quando, per i nostri quattr'occhi stupefatti, il mondo si ridurrà a un solo bosco nero, - a una spiaggia per due fanciulli fedeli - a una musicale casa per la nostra chiara simpatia, - io ti troverò.

( A. Rimbaud, "Frasi" )






venerdì 8 luglio 2016

Pietre

Le parole sono pietre, si dice, sebbene in tanti le usino solo come cocci con cui colpire, ferire e offendere, oppure per illudere, blandire e raggiungere i propri scopi. 
Le parole sono pietre, io penso, che necessitano del cemento dell'azione per dar loro un senso concreto e diventare strutture solide. Le mie costruzioni nascono per proteggere ed offrire benessere. Mai per dividere o rinchiudere. In esse si scorgeranno sempre una porta da poter attraversare e finestre da cui leggere il mondo. Io ho costruito mondi di parole e faticato mille volte di più per mettere quel collante che desse sostanza all'emozione del momento. E non mi stanco tutt'ora di metterci tutto quello che ho per riempire quello spazio che porta il concetto dalla parola alla vita. Perché quel poco che so lo comunicherò con le mie parole, ma ciò che sono lo potrò trasmettere solo col mio agire vero e diretto. 




giovedì 7 luglio 2016

Hecate

Dopo l'ultima bracciata inferta all'acqua sovrastante la mia piccola Atlantide, mi sono chiesto dove poter volgere lo sguardo alla ricerca di quella parte sprofondata che fa di me un cerchio incompleto.
Mi sono perso a rimirare un angelo privo d'ali osservare la rivoluzione celeste e sono rimasto senza parole quando ho visto Atlante prendere a calci un pallone che aveva la forma del mondo. Alle mie spalle, Hecate mi spinge lungo questa salita brulla e senza ombre. Ci sarà qualcosa ad attendermi oltre la collina? Ci sarà la parte di me rimasta indietro, il mio io interrotto, la mia parte mancante? O troverò soltanto la faccia nascosta della luna, contenente il riflettersi senza fine del mio vissuto?


sabato 2 luglio 2016

Caffé Libertà

Ci vuole coraggio per rimanere sè stessi e non attraversare la linea che ti trascina verso ciò che non sei. Ci vuole coraggio per liberarsi da chi ti vuole soggiogato al suo solo pensiero. Ci vuole coraggio per sopravvivere al fanatismo di certe autostime. Ci vuole coraggio per dire no se non ci importa. Essere liberi è la condizione ideale dell'uomo e la libertà più grande è quella della propria formulazione di pensiero, lasciando agli altri il ruolo di elementi di questa alchimia dove ciascuno contribuisce ma nessuno ci determina. Esseri liberi significa non essere a servizio di qualcuno ma, ponendoci al servizio di tutti -e non di ciascuno-, si assume la medesima privilegiata condizione. 
Altra cosa è il sentimento e in quel campo non posso che citare l'amico Matt che diceva: "La sola vera libertà è la libertà dai desideri del cuore, ma la sola vera felicità, esistendo, ce la nega".
Così questa mattina metterò doppio zucchero nel caffè. E lascerò le luci accese per vederle da lontano quando ritornerò. 






mercoledì 29 giugno 2016

Sulle mie Rive

Se solo affacciandomi da questo balcone ventoso potessi ricevere gli schiaffi che le onde del mare riservano agli scogli, potrei forse svegliarmi da questo torpore interiore che mi lascia inerme e interdetto e sarei quasi a un buon punto del mio progetto di vita. Sono stato felice in piena luce lunare, lo confesso, ma ora torno alla strada, al livore dell'alba, alla parola scritta, al silenzio che porta altrove.
Ho bisogno di risalire sul guscio e navigare via, lontano da tutto e non sentire più le parole scivolare nel vuoto, non perdere più l'anima tra le luci artificiose di questo carnevale fuori stagione. Non cerco l'oscurità per nascondermi, ma per ritrovare la luce lunare che ora è solo un riflesso interiore. La sola che mi può ricondurre dove sento di dovermi rendere. Sulle mie rive.







lunedì 27 giugno 2016

Tre anni fa

Non posso non pensare al fatto che oggi, tre anni fa, mi apprestavo ad entrare al Ministero di Giustizia per compiere l'atto di insediamento nel Consiglio Nazionale dei Periti Industriali, un organo di governo voluto dallo Stato per garantire alla collettività la qualità professionale, quindi l'insieme di etica e preparazione, di persone preposte a svolgere attività riservate a soggetti abilitati in quanto di interesse collettivo.
Quello che hanno visto i miei occhi e udito le mie orecchie in questi tre anni non sono sintetizzabili in poche righe. Posso solo dire che dal primo giorno ad oggi non ho smesso di credere che il nostro mondo sia profondamente da cambiare, nelle regole certamente, ma prima ancora nelle persone. 
I cambiamenti culturali, però, prevedono passaggi generazionali e, quindi, dubito che potrò io stesso vederli attuati. Quello che posso fare, che ho tentato di fare e che continuerò a fare è quello di gettare un seme in un terreno aspro e difficile. Un terreno in cui cresce ovunque l'erba selvaggia dell'interesse personale, da sradicare ogni volta per tentare di far crescere la pianticella del bene comune. Chi crede che le cose possano essere semplici e lineari non ha conoscenza del contesto e chi, pur sapendolo, usa questo concetto come arma, lo fa per altri scopi e non mi interessa, non avrà la mia ragione.
Io sono sereno e so di aver sin qui tentato tutto ciò che potevo e dovevo al fine di gettare quel seme di cambiamento, che si può seminare solo restando saldamente dentro al sistema. Un sistema di cui io sono solo una piccola parte e dunque su cui posso agire solo parzialmente. 
Tutto si può sempre e comunque fare meglio e questo pensiero accompagna ogni mattina il mio lavoro. Per cui alla serenità che mi appartiene accoppio senza vergogna una lista di cose che avrei voluto fare meglio o diversamente.
Questi tre anni mi hanno insegnato molto, prima di tutto a dubitare di tutto e a verificare tutto. Mi hanno rivelato la vera amicizia e la doppiezza, mi hanno mostrato quanto il nostro paese e il nostro piccolo mondo necessiti di cambiare per restare vivo.
Sul piano personale, poi, sono stati anni strani e difficili, trascorsi sulle montagne russe, tra momenti di gioia assoluta e incubi incipienti. Anni anche costellati di lutti non facili da gestire, lutti autentici e lutti morali. La perdita di mia madre due anni fa e pochi mesi or sono dell'amico, lo definirei mentore, Maurizio Paissan, di cui ho percepito il lungo calvario, sono stati passaggi che mi hanno segnato dentro.
Sono passati tre anni in cui ho visto crescere i miei figli troppo spesso lontano da me, tre anni in cui mi si è accesa e spenta la Luce.
Ora mi aspettano due anni cruciali che passeranno in un battito di ciglia. Non mollerò di un centimetro quel terreno che sto cercando di coltivare per il bene comune. Si semina per chi viene dopo. E continuerò a fare questa attività con la passione e la consapevolezza che solo amando si rischia di essere feriti.

«Se dovessimo considerare l’amore tenendo conto dei nostri impegni, chi ci si arrischierebbe? Chi ha tempo di essere innamorato? Eppure, si è mai visto un innamorato non avere tempo per amare? Non ho mai avuto tempo di leggere, eppure nulla, mai, ha potuto impedirmi di finire un romanzo che mi piaceva».

Daniel Pennac, “Come un romanzo”




Un Taxi

Apro gli occhi al buio e non appena mi rendo conto di essere sveglio, cerco l'orologio nell'oscurità e lo trovo senza grandi patemi. Sento però al cuore uno strano affanno, come quando mi sveglio nel mezzo di un incubo, ma questa volta non ho in memoria nulla di così spaventoso. Solo una sorta di enigma che vorrei chiarire subito con Doc, ma è maledettamente presto, così mi alzo al buio e brancolando raggiungo il soggiorno, dove trovo la mia borsa. Estraggo il taccuino e comincio a scrivere il contenuto di ciò che ho sognato. Non voglio dimenticarlo per nulla al mondo.
Scrivendo mi rendo conto di ricordare pochissimo e annoto solo poche cose.
Le ore che seguono sono interminabili.
Finalmente arrivano le otto, l'ora in cui Doc non rifiuta le chiamate degli amici.
"Ciao Doc, buongiorno"
"Ciao Saverio, che ti succede, come mai chiami a quest'ora?"
"Volevo dirti una cosa che ho sognato e che potrebbe essere importante"
"Cos'hai sognato Saverio? Cosa c'era di così urgente da dovermi chiamare a quest'ora?"
"Solo un frammento di sogno, in verità..."
Lo sento sospirare dall'altra parte del filo, nel rumore dei fogli di carta che maneggia. Quindi indossa il tono più professionale che può e mi invita: "Raccontami..."
"Io e Bianca eravamo su un treno, seduti affiancati... Eravamo felici, stavamo scendendo a Roma e ricordo precisamente i suoi occhi aperti sui miei... Come quando eravamo felici..."
"Si, eravate felici come quando eravate felici... E poi?"
"E poi, non so per quale motivo siamo scesi dal treno vicino a un aeroporto. Era una zona di costruzioni bellissime... Roba moderna, cinema, ristoranti, centri commerciali, luci dappertutto... Qualcuno ci aveva detto che dovevamo fare scalo, ma non si fa scalo coi treni... Al massimo con gli aerei... Dovevamo riprendere lo stesso treno, ma quando si è trattato di prenderlo, non c'era più e allora noi abbiamo cominciato a informarci su come potevamo fare per arrivare a Roma. I tabelloni luminosi non ci aiutavano, ma noi continuavamo a cercare, indaffarati ma sempre beati di essere lì insieme...Poi..."
"Poi?"
"Poi abbiamo visto l'avvocato. Era seduto su una panchina ad aspettare un treno"
"Che avvocato?"
"L'avvocato che lavora con noi giù a Roma, l'avvocato della casa editrice"
"Ok, ho capito, l'avvocato del tuo posto di lavoro"
"Si... Gli ho chiesto come potevamo fare per raggiungere Roma, Lui ha guardato me, poi ha guardato Bianca e ha sorriso. Solo in quel momento mi sono reso conto che lui non avrebbe dovuto sapere nulla di me e Bianca, ma ci guardava come se sapesse tutto, come se fossimo libri aperti..."
"Quindi?"
"Quindi, sempre sorridendo, come se fosse felice della nostra felicità ci ha detto -a che vi serve un treno? Potete arrivare a Roma anche in taxi- e a quel punto mi sono svegliato"
"Solo?"
"Solo... Margot è al mare con Chiara..."
"E cosa hai pensato?"
"Ho pensato che dovevo chiamarti al più presto... Che cosa significa questo sogno?"
Sento l'amico Mirco, che mi ostino a chiamare Doc come se fosse un medico curante del far west, quando invece è solo uno strizzacervelli di provincia, sogghignare a distanza.
"Significa che probabilmente faresti meglio a cercare un taxi..."


(Estratto da "Il testamento del sole" - 2016)



giovedì 23 giugno 2016

Alphabet Angel

In un mondo che sembra un giardino d'infanzia abitato da canuti senza tempo, in cui il pensiero ideale deve essere imprigionato in pochi concetti semplici, in cui tuttavia trionfano le contraddizioni, l'ipocrisia e la banalità, mi ritrovo allo specchio a sanguinare la mia incompiutezza. Perché spiegare, quando la speranza è stata portata via dal fiume del caos quotidiano? Perché cercare la luce quando tutto è coperto dalla cortina fumogena che pretende di farci accettare qualsiasi cosa e richiede di simulare sorrisi?
Non ne ho più voglia. Allora affondo il mio sguardo nel vuoto e lo sento arrivare. Lo sento crescere in me. Il custode della mia anima, riappare e si mette a giocare con questa irrequietudine, questo dolore latente, questo strisciante male di vivere che cerca una porta da cui uscire, una finestra da cui affacciarsi per respirare questo giorno che nasce solo per blandire gli uomini.
Non ha occhi ma vede, non ha labbra ma parla ed è qui con me, questa luce che mi fa vedere le cose, mi suggerisce le parole e mi guida nel buio. Questo è il tempo di una nuova materia. Di nuova sostanza. Di nuove parole che cadranno nel vuoto, ma che lasceranno nuove cicatrici, dopo aver acceso nuove illusioni. Tanto, è solo un gioco.




lunedì 20 giugno 2016

Il Fiore di Ibisco

Il mio strano museo ha chiuso le sue porte al mondo con il dolore sordo con cui si volta l'ultima pagina di un libro stupendo che dobbiamo restituire alla biblioteca del caos. 
Ora vago per i giardini senza tempo che circondano quell'edificio. Ciò che sono stato rimane chiuso per sempre là dentro, in quegli armadi, su quelle pagine, tra quei libri. Ciò che sono è scritto solo nei miei occhi. E non è la pioggia a riflettersi in me. E la mia intera vita.
Fuori da me stesso e dalla mia anima mi perdo ad osservare le foglie ed i fiori. 
Rinuncerò a chiunque, di questa umanità assente, non abbia poesia e follia nella propria anima. Non vale la pena, altrimenti.
Che scopo ha un fiore se non quello di generare bellezza? 
Dove rimane l'incanto e la voglia di vivere, se non nei giardini segreti che soffocano la cementificazione dell'anima? 
Sarò così la pioggia che cade incessante ad ogni stagione. Sarò la nuvola che arriva e il sole che brucia. Sarò le foglie degli alberi, che possono velare o proteggere. Sarò un ibisco reciso che non cesserà di portare colore nel grigiore dominante della razionalità speculativa di un'umanità senza più parole.  


Jean Cocteau - Le Testament d'Orphéè

martedì 14 giugno 2016

I sentieri della notte

Apro gli occhi al buio e osservo un vuoto che conosco troppo bene. Realizzo che sono sveglio e che le paure non appartengono più ad un brutto sogno interrotto, ma alla mia realtà. Sono io e sono qui. Nuovamente solo con le mie chimere ed i miei demoni che ironizzano sul mio stato pietoso e la mia dolorosa inquietudine. Non esiste redenzione né salvezza. Solo illusione e sprazzo nella notte più assoluta che attraversiamo ciechi e ordinati, per imporci l'inconsapevolezza del fatto che non ci sarà un'alba. Da dove possono partire i miei passi lungo i sentieri di questa nuova indesiderabile notte?
Sento di dovermi alzare, di uscire all'aperto e prendere in mano i cocci di un vaso di fiori che avevo posto al piano più alto per dare luce e colore a questa periferia emotiva di cui turbava la regolarità delle linee di facciata. Così il vaso, dopo un colpo di vento avverso, che anziché scompigliare come dovrebbe, riordina, è precipitato nel vuoto e, dopo un impatto deflagrante, ha lasciato parti di sé sparse un po' ovunque. Il fiore è salvo e farà crescere le sue radici altrove. Il mio vaso è perduto. Il vento, intanto, prosegue il suo viaggio. Tutto è in ordine e risplende nella luce illusoria di una nuova giornata di sole.