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martedì 27 dicembre 2016

L'ultimo gettone

"Siamo saliti in macchina convinti che durasse all'infinito e abbiamo cominciato a divertirci solo quando abbiamo capito che ci era rimasto soltanto un ultimo gettone da usare".
Da ragazzi, nelle rare domeniche al luna park, vivevamo una incredibile metafora del nostro esistere senza che ne riuscissimo a cogliere la lezione.
In pista, tutti allo scontro con tutti, dentro ad automobiline sgangherate e solo superficialmente scintillanti, si doveva sfoderare maestria nel districarsi dai gineprai di traffico creati da gente inebriata dal mettersi di traverso davanti a te. Il paradosso di tutto questo stava nel fatto che più botte si prendevano e più si rideva, ma si restava convinti che quell'ultimo giro sarebbe stato il più bello, quello memorabile. Dovevamo impressionare noi stessi, convinti che questo avrebbe potuto impressionare il mondo a cui ci esponevamo.
Una volta scesi si restava sospesi nel silenzio che stemperava gradualmente il frastuono di voci e di suoni che ci lasciavamo alle spalle. Si rientrava nel buio, nel quotidiano mormorio familiare, che sempre accompagnava il fluire indefinito del tempo. E in quel buio, in quel rinnovato torpore domestico, di tanto in tanto ancora oggi balena il crepitare di quelle voci, delle risate infinite di quell'ultimo gettone, speso nella segreta speranza che ve ne potesse essere un altro ancora. Anche uno soltanto. Sarebbe stato il massimo. Sarebbe il massimo ancora.





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