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venerdì 20 gennaio 2017

Love letters

Che meraviglia sono le lettere d'amore!
Ne ho scritte tantissime per pochi, pochissimi destinatari. Ma la mia anima ne è intrisa.
Queste lettere sono il tentativo estremo di conservare un fiocco di neve. O di cristallizzare un battito di ciglia.
Mettere in parole un sentire che solo gli occhi sanno dire veramente, non è facile. Spesso chi si cimenta in esercizi di questo tipo scade nella banalità, agli occhi di chi non coglie quel filo invisibile che lega due esseri viventi. La banalità sta nel fatto che questo sentire è simile in tutti noi eppure il senso che ne cogliamo, vivendolo, è quello di unicità. Di diversità da quello che accade a chiunque altro. E a questa presunta unicità, in questi istanti, diamo un valore infinito. 
Scrivere d'amore non è facile, ma facilissimo. Basta descriversi. Ma se ne coglie solo la forma plastica e non l'essenza spirituale, che è il vero motore. Scrivere l'amore, invece, dare inchiostro a questo sentire, è un'utopia. Impossibile. L'estasi, l'estate dell'anima, la presenza costante dell'altro in ogni gesto proprio non è facilmente sintetizzabile in parole. E allora si usano le metafore, perchè non ci è possibile farne un quadro reale. 
Nonostante questo senso di impossibilità che dovrebbe dare frustrazione, non si smette mai di farlo, nelle forme più diverse. Dalle lunghe lettere scritte a mano ai pochi caratteri di un messaggio su un telefono, dal biglietto di auguri per qualsiasi ricorrenza, al raccontarsi per donarsi maggiormente. Ho scritto la mia prima lettera d'amore che non avevo ancora visto dieci primavere e la vivevo come un esercizio di stile, perchè non ne conoscevo davvero la sostanza.
Da allora non ho più smesso di farlo, nè di inseguire l'utopia, perché la sostanza, a volte, è ancora più volatile delle parole.


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