Sa di polvere il mio tempo presente. Una polvere che profuma di primavere essiccate tra le pagine di un libro, di profumi che si riaffacciano sfuggenti e beffardi, provenienti dal nulla e conficcati per sempre nella mia memoria olfattiva. Mi riconduce a te questo profumo. Una freccia distaccata dall’arco, un frutto caduto e non colto, questo mio vagare inquieto. Tutto questo mi prende e mi riporta indietro a quando ancora ero in vita e, con timore, socchiudevo le porte del giardino di questo strano museo. Eppure era solo un profumo.
Il treno dei ricordi ferma sempre al buio e non illumina mai nessuna stazione futura, perciò dovremo raggiungere da soli il domani, a piedi e a fatica, guardando con i nostri occhi sempre più stanchi, pellegrini esausti di un sentire sensibile e discepoli di un Amore assoluto, inebriante, ubriacante e lucido, vivido, bruciante e crudele come solo la parola finale di un romanzo tanto a lungo sognato e poi scritto può dare.
Più vero del vero, quanto le menzogne che quotidianamente glorifichiamo nel romanzo di fantasia che chiamiamo vita.
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