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venerdì 13 marzo 2015

La risposta.

Agli ulivi che piegano la curva dei loro rami dietro alla linea incerta dell'orizzonte non chiederò di raccontarmi nulla. Non serve sapere. Mi basta cogliere le nervature sulla loro corteccia per capire cosa hanno vissuto. Ma cosa coglieranno loro di me? Noi percepiamo ciò che ci circonda come se fossimo sempre al centro e non a margine di un orizzonte altrui. Siamo ingombranti, rumorosi, stanchi, preoccupati, rancorosi, amari e fatalisti. Narcisi o margherite. Inconsapevolmente infelici nella nostra quotidiana ricerca della felicità che è il perpetuo inseguimento di qualcosa che non siamo, che è al di là del muro, del ponte da attraversare. Viviamo aggrappati alla luce di poche certezze e nell'ombra di tante inconfessabili fragilità che ci tengono ancorati alla maschera che indossiamo e che pensiamo possa rapresentarci. Si deve fare così, ci è stato detto. Questo è giusto, è bello, è completo, quello no.   
Poi, mentre torniamo a casa, inseguiti dalle ombre di un ennesimo venerdì 13, ci capita di vedere la luce, ripensare a uno sguardo, ad un pianeta che ruota sulla nostra identica orbita e capire che è proprio lì quello che cerchiamo. La risposta.



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