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mercoledì 29 aprile 2020

Askatasuna

Non ho saputo parlare ancora dell'angoscia di questi mesi, dello stupore di ritrovarsi da un giorno all'altro protagonisti di un film catastrofico in cui manca però l'eroe che salverà il mondo. Sono arrivato a comprendere che forse tanti di noi lo faranno, ma il mondo non si salverà, non quello che conoscevamo, almeno. Qualcuno proverà a replicare il modello passato, ma non potrà funzionare, semplicemente perché noi non saremo più gli stessi. 
Vorrei poter dire cosa saremo, ma, come qualsiasi altra persona, esattamente non lo so. Tuttavia, come chiunque non abbia vergogna di possedere una fantasia ed una certa attitudine all'astrazione, posso costruire mondi ipotetici nella mia testa. Vorrei sperare che in quei mondi si potessero cogliere gli effetti del profondo rigetto della cultura patito dalla nostra società negli ultimi lustri e che si ricominciasse a salire la scala evolutiva umana, che pare aver preso una pendenza opposta alla tanto celebrata evoluzione tecnologica. 
La cultura in sé non ha nulla di snob, può essere assolutamente aperta a chiunque e, oggigiorno, può essere pressoché gratuita. Richiede però dedizione, l'umiltà di aprire la mente, mettersi in gioco e lo sviluppo di una onesta capacità critica verso le cose della vita, con l'acquisizione di un'obiettività anche cruda nei confronti di tutto, a partire da se stessi.
Di contro, restituisce una quantità di cose positive che onestamente non saprei contenere in un elenco esaustivo, anche perché questo può essere diverso per ciascuno di noi.
A me la cultura regala innanzi tutto empatia. E voglia di confronto, mai di scontro. Poche cose mi regalano felicità più della percezione della conoscenza degli altri. 
Essendo la conoscenza un patrimonio immateriale, il suo valore si amplifica e si moltiplica enormemente attraverso la sua condivisione con gli altri. L'altro è la ricchezza del proprio conoscere, è la terza dimensione che sviluppa in profondità ciò che alla nostra vista appare vasto ma piatto nelle due dimensioni del nostro sentire individuale. Per conoscere bisogna aprirsi all'ascolto - la lettura cos'è se non l'ascolto della parola scritta? - bisogna aprirsi alla comprensione, non fosse altro per sviluppare una coscienza critica.
La cultura, poi, non è esibizione e non deve mai essere una porta chiusa verso l'altro, ma, al contrario, deve indicare o eventualmente aprire una strada che ciascuno noi potrà liberamente percorrere.
Chi fa uso della cultura come di una proprietà, o la dispensa da un pulpito da cui arringa o catechizza gli altri, non ha capito il valore autentico di cui dispone e fa uso del suo sapere sterile come di un bene materiale che fa di lui il più banale homo economicus e decisamente un derivato limitato dell' homo sapiens
Ovviamente non immagino un mondo dove tutti siano assetati di conoscenza e affamati di condivisione, ma voglio credere che l'odierna solitudine, figlia di una fittizia e sovresposta socialità virtuale, ci possa ricondurre a vivere la parte più spirituale del nostro esistere - non necessariamente mistica - in cui il pensiero non si limiti al bisogno materiale diretto, ma che sviluppi la riflessività necessaria e ci restituisca con la lentezza dovuta alla contemplazione di quell'attimo fugace che è la nostra vita.


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