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domenica 20 settembre 2015

L'eredità della scrittura

A testimonianza della bontà dell'insegnamento socratico, Marc Augé ieri ha risvegliato in me alcuni concetti che mi appartenevano da sempre e giacevano dormienti in una zona inesplorata del mio esistere.
La scrittura, il demone che ha bussato alla mia porta sin da quando ero ragazzo, è innanzi tutto un atto volto a riconoscersi vivo ed una dichiarazione di fiducia e di appartenenza indissolubile al genere umano. Alla parola scritta, infatti, affidiamo un compito di cui non possiamo percepire appieno la portata, in quanto chi scrive non conosce necessariamente il lettore e quale influenza produrrà su di lui, ma che è una chiara traccia di noi stessi che lasciamo in eredità.
In eredità a chi? Chi può essere interessato a ciò che si scrive? Non è dato saperlo, ed è proprio in questa chiave che va letto l'atto di fiducia verso il genere umano. La passione per l'altro, inteso anche solo come frammento di uno specchio di sé, è nel nostro codice genetico. All'interno di questo potrà compiersi la miracolosa corrispondenza di chi leggerà e farà proprio quello spirito lasciato nelle parole. Ogni parola scritta, quando diventa atto compiuto, sia essa poesia, romanzo, relazione, saggio o anche semplicemente lettera, non ci appartiene più ma è già un nostro lascito e diventa parte della nostra eredità al mondo. Un mondo spesso sordo, cieco e distante verso il quale, scrivendo, rinnoviamo una fede irrazionale. Fortunato chi trova luce e vede raccolti anche piccoli segnali di corrispondenza.

Carpi - Piazzale Re Astolfo -  19 settembre 2015 - Marc Augè - La scrittura fra eredità e avventura



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