Una musica dal ritmo serrato e ripetitivo, dai toni oscuri e dai riecheggi decadenti, scandisce i suoi passi. Non vede l'ora di essere lontano da casa, lontano da tutto ciò che conosce, lontano da questa attesa per una felicità che germoglia sempre ma non fiorisce mai. Affonda le mani nelle tasche del suo impermeabile scuro, sospira e scambia il suo sguardo nuvoloso con quello delle ragazze che incrocia, in transito su altri pianeti a cui, non senza rimpianti, lui non approderà mai.
La signora dell'ufficio anagrafe lo guarda strano consegnandogli la carta d'identità. Sarà il sorriso appena accennato od i modi gentili ed asciutti, così inusuali in un ragazzo di quell'età, a farlo sentire diverso ed osservato. In quel pezzo di carta coi timbri comunali c'è il ponte verso l'orizzonte della novità. La terra straniera e sconosciuta, anche se per pochi giorni, ha il fascino delle Indie per Colombo. Nel passo deciso di rientro a casa il ragazzo é inconsapevole del fatto che tante cose che accadono attorno a lui in quei giorni condizioneranno fortemente la sua vita anche oltre vent'anni dopo.
Intanto l'attesa per la partenza ha qualcosa di surreale nel suo iperrealismo. Ogni dettaglio è curato, ogni aspetto è programmato. La sera sale sino ad una mezzanotte di aprile, quando il viaggio ha inizio.
Musica nella notte, sogni e neve sulle alpi. Nastri d'asfalto lucidi di ghiaccio riflettono le luci gialle dei lampioni stradali. I primi bagliori dell'alba accompagnano l'autostrada nella giusta direzione verso nord, indicata dai cartelli stradali scritti in un'altra lingua.
Il cielo ė grigio e piatto, quando la campagna sterminata lascia posto ad una periferia anonima, per quanto viva. Nel finestrino appare un cartello che segnerà la vita di quel ragazzo da quel momento in avanti. Sul cartello campeggia una sola scritta: "Paris".
E li si apre un'altra sala...
Nessun commento:
Posta un commento