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domenica 23 marzo 2014

Music Room #1 - Cura oscura

L'ingresso in questa sala passa attraverso un corridoio di silenzio assoluto da cui emergono delle campane che risalgono sino a rimanere sospese nell'aria. Qui esplode una cascata di suono, entra nel corpo, nell'anima e non ne esce più. La chitarra è più una luce che un suono, la voce è sommessa ma serena. Sometimes you make me feel like i'm living at the edge of the world... "It's just the way I smile", you say... Era il 1989, nel mese di maggio, quando uscì Disintegration, l'album chiave dei Cure e Plainsong lo apriva spedendo l'ascolto verso uno spazio diverso da qualsiasi cosa sentita prima. Ogni canzone è una stanza, un luogo in cui ricollegare i fili del proprio intelletto, in cui scavare alla ricerca di sé e del tempo che si vive. Last Dance. Prayers for Rain... La pioggia che diventa parte della successiva, contemplativa e dolente, Same Deep Waters ad you... "Kiss me, goodbye"... e ritorna la pioggia.
Pochi passi più in là la musica si fa carne viva nel rosso sangue di The Kiss, sempre Robert Smith con la sua Cura... Quattro minuti di urla di una chitarra che non trova pace sino al grido disperato che sintetizza in poche parole come un rapporto possa nascere da un'attrazione incontrollabile ("So kiss me! Kiss me! Kiss me!"), esplodere e degenerare nel suo opposto... 
Ancora qualche passo indietro e ci troviamo al cospetto di una cupa nostalgia di ciò che avrebbe potuto essere e non è stato, per il trionfo del caos sulla ragione, della pornografia sull'amore.
One hundred years, the Hanging Garden, the Figurehead, Cold ed il caos finale di Pornography sono la colonna sonora di questa zona oscura che accompagna i miei giorni, dai diciotto anni ad oggi alla ricerca di un suono che sia intelletto, carne e vita, che colpisca tutti i sensi assieme e regali speranza, al di la del buio. Le ultime parole di Pornography infatti gridano al mondo "I must fight this sickness, find a cure!"

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