Quante storie sono iniziate su queste pagine? Io credo tante quanti sono i giorni in cui ho vissuto veramente. Poche cose hanno ricevuto il dovuto impegno successivo, quello che trasforma un'idea interessante in un progetto compiuto. Quante frasi spezzate, capitoli interrotti, romanzi abbandonati all'incipit di una nuova immagine da rappresentare? Una per ogni giorno sbagliato della mia vita, di certo.
Eppure io mi sento sempre presente in ognuno di questi fogli. Non ne rinnego nemmeno uno. Nemmeno quelli più vuoti e piatti che rappresentano alcuni tratti della mia vita.
In un angolo di questa stanza si trovano, infatti, intere agende scritte a mano, saturate di piatte cronache quotidiane. Ho vissuto una buona parte della mia vita con l'ossessione del ricordo. Vivevo travisando il senso della memoria al punto da considerare importanti solo quelle cose di cui tenevo traccia. Così, nella memoria scritta dovevo ritrovare la straordinarietà degli atti più insignificanti che riempivano le mie giornate, così ricolme di nulla da risultarne straripanti, sino al punto dal rendermi estraneo all'io che descrivevo nelle pagine e che, di tanto in tanto, andavo a rileggere. Il castello di carte della memoria un giorno è crollato, assieme ad altre certezze ben più consolidate, al manifestarsi del primo soffio d'aria della mia fragilità di individuo fallibile e mortale.
A quel punto cessano le cronache e ripartono le storie, le narrazioni, i racconti onirici, le poesie ermetiche, gli haiku scritti al cellulare, inviati a poche persone è cancellati per sempre il giorno seguente.
Il romanzo dei romanzi è la nostra vita e quella resta negli atti che compiamo, negli occhi dei nostri figli per i quali siamo la fabbrica dei primi ricordi, nell'arte che mettiamo nelle cose che facciamo per gli altri, nell'amore che sappiamo donare sotto ogni forma. Che sia un bacio od una pagina scritta sino in fondo.
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